Sanno adattarsi e sono pronti a trasferirsi: ecco i laureati italiani
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Si adattano e sono pronti a trasferirsi: ecco i laureati italiani secondo un’indagine della Fondazione Sussidiarietà

da | Feb 2013 | News | 0 commenti

A differenza di quanto sostenuto qualche tempo fa dal ministro dell’Interno Cancellieri, i giovani laureati italiani non aspettano il posto fisso vicino alla mamma e al papà. Un nuovo studio commissionato dalla Fondazione Sussidiarietà rivela infatti che oltre la metà di loro è disponibile a trasferirsi e ad adattarsi per trovare un impiego. All’indagine hanno lavorato il Consorzio AlmaLaurea, impegnato ormai dieci anni nel monitoraggio dei percorsi formativi e professionali dei neolaureati, e il dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica.

Nello corso della ricerca sono stati interpellati 5.730 neolaureati, cui è stato chiesto se per lavoro sono stati disponibili a trasferirsi in un’altra città o se si sono adattati ad affrontare giornalmente lunghi trasferimenti. Ben il 53 per cento degli intervistati ha risposto di sì. A mostrare una elevata adattabilità sono stati in particolare gli uomini (63 per cento), i residenti al Centro-Sud (il 60 per cento, dieci punti in più rispetto ai residenti al Nord), gli ingegneri, gli autonomi e i precari (tutti al 60 per cento).

Per costruirsi un futuro nel mondo del lavoro il 54 per cento dei laureati ha svolto uno stage in Italia e il 9 per cento lo ha svolto all’estero. Sono soprattutto i dottori in Lingue (uno su tre) e Agraria (uno su cinque) ad aver avuto esperienze professionali fuori dai confini nazionali. Per quanto riguarda i tirocini in patria, invece, primeggiano psicologi (74 per cento), architetti (62,7 per cento) e laureati in discipline politico-sociali (60,8 per cento). Quelli che si spostano meno per effettuare stage e tirocini, sia in Italia che all’estero, sono i laureandi e i laureati in Legge.

In media, chi è stato più disponibile ad adattarsi e a trasferirsi per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, oggi guadagna 100 euro al mese in più. Anche l’aver svolto stage curricolari e frequentato un master dopo la laurea ha delle ripercussioni positive sullo stipendio netto, tanto da far percepire mediamente 118 euro mensili in più.

L’indagine commissionata dalla Fondazione Sussidiarietà suddivide principalmente i laureati in due blocchi: i cosiddetti “precari in cerca di gloria” (il 39,6 per cento) e gli “adattivi ma deboli” (il 34,8 per cento). I primi sono prevalentemente laureati in Lingue, Ingegneria, Economia o Statistica in un’università del Sud Italia e lavorano nel settore chimico, metalmeccanico, nell’elettronica o nelle telecomunicazioni. I “precari in cerca di gloria” hanno avuto molta intraprendenza durante gli studi, hanno partecipato al programma Erasmus e ora hanno un’alta disponibilità a trasferirsi e ad adattarsi a tempi di lavoro diversi. Hanno contratti a tempo determinato, grazie ai quali guadagnano in media 1.265 euro al mese, e provengono da famiglie di ceto medio-basso.

Gli “adattivi ma deboli” sono stati invece poco attivi durante il loro percorso universitario. Si tratta soprattutto di donne che vivono e lavorano al Nord e che non hanno svolto stage e esperienze all’estero. Essendo occupati part-time nel commercio, essi chiedono orari lavori di lavoro adeguati più che stabilità. Guadagnano in media 1.212 euro e anche loro provengono da famiglie di ceto medio-basso.

Vi è poi un altro gruppo di laureati individuato dall’indagine: “le élites intraprendenti”. Sono il 14,5 per cento e ricercano la massima soddisfazione dal punto di vista lavorativo. Si tratta di laureati in materie politiche e sociali, economico-statistiche e ingegneria figli del ceto dirigente settentrionale. Hanno conseguito il titolo di studio velocemente e con voti sopra la media, per poi prendere master o dottorati di ricerca e ora guadagnano in media 1.352 euro mensili.

Quelli che non sono disposti a trasferirsi né ad adattarsi sono “i rassegnati” e rappresentano l’11,1 per cento del campione. Sono per lo più donne del Nord Italia che trovano poco utile la laurea conseguita rispetto al posto di lavoro trovato. Si sono laureate tardi e provengono da famiglie del ceto medio dipendente. Desiderano la sicurezza contrattuale e guadagnano in media 1.164 euro.

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