Mentre studenti e ricercatori si preparano a nuove mobilitazioni contro la riforma Gelmini ci sono atenei che iniziano a lavorare per trovare soluzioni che vadano incontro alle loro richieste. È l’Università di Bologna il primo ateneo italiano ad aver stanziato i fondi per pagare le ore di insegnamento ai ricercatori. I ricercatori a tempo indeterminato dell’Università di Bologna che insegnano, riceveranno un compenso massimo di 1.200 euro lordi per ogni corso entro le 60 ore.
Il consiglio di amministrazione dell’Alma Mater ha infatti riservato un milione e mezzo di euro del fondo di riserva 2011 per pagare il lavoro di circa 1.230 ricercatori.
Generalmente i ricercatori di ruolo non vengono pagati per la didattica, essendo quest’ultima attività non obbligatoria. Per questo nel settembre scorso i ricercatori di quasi tutti gli atenei hanno bloccato la didattica. Ma proprio a Bologna alla protesta era seguito un ultimatum da parte dell’ateneo per valutare chi era disposto a insegnare, in vista di un’eventuale sostituzione dei non disponibili con docenti esterni.
Per il prorettore alla ricerca Dario Braga, la novità è “un importante risultato che dimostra la correttezza dell’idea del tavolo tecnico del rettore e dei prorettori con i ricercatori”. Il prorettore ha anche sottolineato le difficoltà a cui l’ateneo ha dovuto far fronte per riservare ai ricercatori il milione e mezzo di euro prelevato dalle scarne casse accademiche.
Ma non è finita: l’Alma Mater, oltre a pensare ai suoi ricercatori, ha deciso di dare una mano anche al prezioso personale tecnico. Sono due i milioni di benefit che il cda ha deciso di spendere per il pacchetto anti-crisi riservato ai tecnici e agli amministrativi: un contributo fino a 1.500 euro all’anno per pagare la retta di un figlio al nido, l’esonero per un anno dalle tasse per i figli dei dipendenti iscritti all’Alma Mater, l’abbonamento ad autobus e treni potrà costare al massimo 50 euro, il resto lo metterà l’ateneo.