“Se il 14 dicembre avremo la fiducia, il 14 sera i senatori del Pdl staranno in Aula per approvare la riforma dell’università e non cedere alle proteste”. Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl a Palazzo Madama non ha dubbi: l’iter del disegno di legge Gelmini, fatto slittare dopo il voto di fiducia, deve proseguire immediatamente nel caso in cui il governo incassi l’ok del Parlamento.
Quagliariello non è l’unico esponente dell’attuale maggioranza a difendere la bontà del provvedimento in questa fase di attesa, con i lavori dell’Aula sospesi fino al pronunciamento del 14 dicembre. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha lodato il principio della “selezione per merito” introdotto dalla riforma, anche se ne ha sottolineato i rischi legati alla insufficiente copertura economica.
Agli studenti che gli fanno notare che il voto di Futuro e libertà non è coerente con le critiche mosse al provvedimento del ministro dell’Istruzione, Fini replica ricordando gli sforzi compiuti dai suoi uomini per ottenere maggiori stanziamenti. Da quello iniziale di 10 milioni di euro “siamo arrivati a 700 – spiega il leader di Fli -. Tra il massimalismo e il gradualismo, io preferisco il gradualismo“.
La terza carica dello Stato critica anche le accuse mosse dal presidente del consiglio agli studenti scesi in piazza a manifestare (“Berlusconi poteva riflettere meglio”) e, premettendo che le proteste devono essere pacifiche, sostiene: “Piuttosto mi preoccuperò quando gli studenti come pecoroni non avranno più idee”.
Toni diversi quelli usati dal ministro Mariastella Gelmini nei confronti di chi manifesta contro il suo disegno di legge. La titolare dell’Istruzione dice di essere d’accordo con Berlusconi sul fatto che durante le proteste di poche migliaia, “milioni di studenti erano a casa e all’università a studiare”.
Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni attacca invece i leader del centrosinistra, che ha suo dire salgono sui tetti per lamentare la mancanza di turn over nel mondo universitario dimenticando che “quando c’erano loro al governo negli atenei sono stati messi tutti i parenti“.
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