Il ministero dell’Università ha firmato e inviato alla Corte dei conti il decreto sugli importi minimi degli assegni di ricerca per 16mila ricercatori. La somma minima sarà 19.367 euro con validità per gli assegni banditi dal ministro Gelmini. Per questa ragione il provvedimento non comporta automaticamente il riallineamento al nuovo importo dei vecchi assegni banditi con normativa precedente, per i quali continuano a valere gli importi precedentemente pattuiti.
Nel frattempo il Miur ha inviato ai rettori una nota per chiarire come interpretare la nuova legge per questi assegni banditi nel periodo “pre-Gelmini”. La nota specifica che gli assegni possono essere rinnovati se il rinnovo era previsto dal contratto originario.
Nel frattempo i provvedimenti per mettere in moto la riforma sono ancora bloccati. Di cinquanta decreti e regolamenti previsti, infatti, ne è stato per ora firmato solamente uno, quello che istituisce l’abilitazione nazionale, mentre sono passati al vaglio del consiglio universitario nazionale quello che ridefinisce i settori scientifico-disciplinari e quello che dovrebbe disciplinare le equipollenze dei titoli.
Se ne è accorto anche il Partito Democratico che, negli ultimi giorni, ha a lungo dibattuto e polemizzato sulla macchinosità della riforma e sulla mancata concretezza degli interventi volti alla sua applicazione dopo l’approvazione definitiva.
E, per quanto riguarda la ricerca, manca anche il decreto con i parametri di produzione scientifica per presentarsi ai concorsi da ricercatore e gli indicatori di qualità per accedere ai ruoli di docenza. Ulteriore preoccupazione riguarda il cosiddetto blocco degli scatti sancito dall’attuale finanziaria.