Tra le migliori 100 università del mondo non cè n’è neanche una italiana. È quanto emerge dalla
classifica ARWU 2010, l’Academic Ranking of World Universities, stilata ogni anno dall’Università Jiao Tong di Shanghai.Anche quest’anno la classifica fa discutere per i parametri utilizzati che ancora una volta privilegiano le università americane e del Regno Unito.
Prime della lista le “fantastiche tre” statunitensi:
Harvard, al primo posto in classifica ormai da anni, Berkeley e Standford che quest’anno si scambiano la postazione. Quarta e quinta classificata il MIT di Boston e l’Università di Cambridge. Per incontrare la prima università italiana bisogna arrivare al
137° posto dove si piazza la
Statale di Milano, prima fra le italiane in classifica. A seguire – al 141 e 142 posto – l’Università di Pisa e la
Sapienza di Roma.
Tra le
prime 200 nella classifica della Jiao Tong di Shanghai anche l’Università di Padova al 191° posto. Gli altri atenei italiani si piazzano ancora dopo. Tra le migliori 300 del globo troviamo il Politecnico di Milano (226°), l’
Alma Mater di Bologna (256°), l’Università di Firenze (264°) e l’Università di Torino (292°) .
A seguire, tra le migliori 400 troviamo poi la Normale di Pisa (341°), l’Università di
Genova (369°), la Federico II di Napoli (375°), Palermo (382°), Tor Vergata (388°).
In coda alla lista – classificate oltre il 400° posto – sono invece l’Università Cattolica del Sacro Cuore (407°), il Politecnico di Torino (446°), l’Università di
Bari (459°), l’Università Milano Bicocca (476°), l’Università di Parma (478°), di Pavia (479°), di Perugia (480°). Ultima della classe tra le italiane l’università di
Siena che arriva al 486° posto.
Al centro della
classifica ARWU 2010 ancora una volta
parametri che privilegiano la qualità delle attività di ricerca scientifica, secondo il metodo di valutazione angloamericano. Quindi quello che conta inevitabilmente è: il numero di
pubblicazioni su riviste con un alto “impact factor” – come
Science e
Nature – e i premi e i riconoscimenti ricevuti da studenti e ricercatori (premi Nobel, medaglie Fields, ecc.).
Questo è anche il principale motivo per cui nella classifica ARWU, che va avanti da sette anni, ogni anno troviamo in cima alla lista soprattutto le università americane e anche quelle del Regno Unito, che puntualmente si piazzano ai primi 100 posti. Anche stavolta, infatti, la classifica non ha dato grande soddisfazione alle
università Europee, in particolare a quelle non britanniche. Tra le prime l’Istituto di Tecnologia di
Zurigo (23°), Parigi6 (39°), Copenhagen (40°), il Karolinska Institute in Svezia (42°), Parigi11 (45°), Utrecht (50°), Università di Zurigo (51°), Università di Munich (52°).
Che vergogna, che vergogna. I ricercatori vogliono i soldi, i soldi vogliono.Che vergogna.
Sconsolante. Poveri nostri figli e nipoti. Leggete la lista dei ministri che si sono occupati dell’università dal 1946 ad oggi.Ci sono dentro tutti (DC, PCI, PSI. FI, DS ecc.): visti i risultati dire incompetenti è poco. Ed ora l’università è in mano a Mariastella … dallo Stellone alle stalle.
x Nunzio
«Nunzio – 20 agosto 2010 alle 00:20
Che vergogna, che vergogna. I ricercatori vogliono i soldi, i soldi vogliono.Che vergogna.»
vergogna di che? sembra che i ricercatori prendano 500-1000 euro mensili. qualcuno lavora gratis. di che si dovrebbero vergognare?
vergogna al governo e al miur!
Vorrei confermare in questa sede l’opinione espressa già a proposito delle recenti classifiche inerenti le università italiane: nonostante l’inefficienza e l’indegnità di una lunga trafila di ministri dell’Istruzione nel susseguirsi della storia repubblicana, non si può e non si deve essere disfattisti nè prendere le classifiche per oro colato, dato anche il fatto che le posizioni reciproche occupate dalle università all’interno di esse sembrano cambiare inverosimilmente di anno in anno: forse che da un anno all’altro un ateneo subisce cambiamenti decisivi che lo fanno in così breve tempo peggiorare o migliorare?! Si tratta spesso di irrilevanti oscillazioni…E poi bisognerebbe definire i criteri in base ai quali tali classifiche vengono svolte, a volte legati a tutti i fattori immaginabili fuorchè al livello di preparazione offerto effettivamente dagli atenei. Si aggiunga il fatto che non tutte le facoltà appartenenti alla stessa sede universitaria funzionano allo stesso modo in termini di didattica e servizi, dunque le classifiche non dipingono mai, è questo un limite strutturale delle statistiche in generale, la realtà in modo totalmente veritiero e fedele. Per quanto riguarda la destinazione di fondi alla scuola e all’università da parte del governo, è vero che l’attuale situazione di tagli capillari è a dir poco vergognosa, ma si badi che essa è dovuta appunto a deficienze e carenze ministeriali e non al malfunzionamento dell’università in sè: probabilmente con figure politiche diverse la gestione delle risorse finalizzate agli studenti e ai ricercatori sarebbe più oculata e allora le nostre università salirebbero nella classifica: il paradosso è che non l’università in sè avrebbe fatto progressi ma la sua gestione da parte dello Stato. La qualità del’istruzione in Italia non è affatto carente (amici di paesi stranieri, certamente esagerando, mi hanno confessato l’impressione che in Italia si studi…troppo!), sebbene possa in parte essere condizionata dall’inefficienza dei governi nel sostenerla. Non rimane che augurarci, come penso faccia Massimo, un repentino ricambio ministeriale nella speranza che le stalle vengango almeno abbandonate al più presto.
…questa classifica non è proprio sbagliata…. “Tra le migliori 100 università del mondo non c’è n’è neanche una italiana.” …direi che la conoscenza della grammatica italiana potrebbe essere un buon inizio per cambiare la situazione….