La disoccupazione giovanile è in continua crescita, come confermano i dati Istat. E i giovani che non si rassegnano alla mancanza di lavoro le provano tutte per stabilire un contatto con il mondo del lavoro. Uno dei tentativi più frequenti è quello dello stage, forma di apprendimento che secondo le norme in vigore non dovrebbe svolgere le mansioni di lavoratori assenti o mai assunti proprio perché sostituiti con gli stagisti.
In Italia però lo stage rappresenta spesso una modalità di sfruttamento della manodopera a costo zero, magari dopo aver fatto credere al giovane di turno che ci potranno essere sbocchi occupazionali. Contro queste forme di estrema precarizzazione del lavoro e di palese violazione dello spirito delle norme che regolano gli stage si è schierata la Cgil, spendendo in prima persona il volto del segretario generale Susanna Camusso, con lo slogan “Non + stage truffa”.
Il giovani del suo sindacato, infatti, hanno inscenato una protesta davanti a un negozio di una catena di abbigliamento, a Roma, chiedendo ai passanti che contenuto formativo possa avere per una ragazza o un ragazzo l’attività di “piegare maglie” in un negozio. I manifestanti sono arrivati davanti al punto vendita svestiti e si sono simbolicamente “rivestiti di diritti”. “Questa oggi è la vera trasgressione“, ha spiegato la responsabile per le politiche giovanili della Cgil, Ilaria Lani.
“Profumeria offre stage gratuito e senza diritti a giovani disposte a turasi il naso” è uno degli slogan ironici e provocatori usati per denunciare il malcostume ormai dilagante e chiedere la modifica della normativa in materia, con l’introduzione di vincoli maggiori e sanzioni più pesanti a chi la viola.
Il sindacato guidato da Camusso chiede che gli stage durino sei mesi al massimo (nove in casi eccezionali), che non si superi un certo numero di stagisti e che sia rafforzato il divieto di ricominciare lo stage nello stesso posto mediante la convenzione con un ente diverso dal primo, creando a tal fine un’anagrafe delle imprese che offrono stage. Ma la proposta più importante della Cgil è quella di rendere obbligatorio in ogni caso una specie di salario minimo di 400 euro mensili. Per i praticanti, ad esempio di studi legali, lo stipendio sarebbe crescente con il tempo e il maturare dell’esperienza.