Università di Bologna: "Vicini a ibernazione umana"
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Un letargo anche per l’uomo? Secondo l’Università di Bologna l’ibernazione potrebbe essere vicina

da | Feb 2013 | News | 0 commenti

L’ibernazione? Potrebbe diventare presto realtà. Sembra fantascienza, eppure sarebbe possibile abbassare la temperatura corporea di dieci e o addirittura venti gradi centigradi senza recare danni all’organismo durante il processo di raffreddamento e dopo il ritorno alla temperatura iniziale. Lo sostengono cinque fisiologi dell’Università di Bologna, che hanno pubblicato sul Journal of Neuroscience i risultati di un loro studio.

Prima di effettuare il loro esperimento sull’ibernazione, gli scienziati hanno studiato i processi metabolici che durante l’inverno fanno abbassare la temperatura corporea nei mammiferi i quali, in virtù di ciò, entrano in letargo. In seguito hanno indotto gli stessi meccanismi su un gruppo di topi, animali che si mantengono svegli durante la stagione fredda, constando che dopo il risveglio i roditori erano ritornati in un perfetto stato di salute.

La ricerca del team dell’Università di Bologna ha preso le mosse da ciò che accade durante il periodo del letargo a molti mammiferi, per cercare di innescare un processo simile anche in specie che non entrano in questo stato fisiologico, con il fine ultimo di capire se sia possibile (e innocua) l’ibernazione. Nel corso dell’esperimento i ricercatori dell’ateneo emiliano hanno manipolato chimicamente una regione del cervello dei roditori testati, il cosiddetto raphe pallidus, e grazie a questo artificio sono riusciti a far abbassare la temperatura corporea delle cavie, portandola fino a 20 gradi centigradi senza comprometterne le funzioni vitali. I ricercatori hanno poi destato i ratti applicando il procedimento inverso, scoprendo che questa sorta di “ibernazione” non aveva danneggiato il loro organismo.

È ancora presto per ipotizzare un futuro nel quale l’ibernazione sia il primo passo verso l’immortalità o che pazienti affetti da patologie incurabili possano essere “congelati” per essere svegliati una volta trovata una cura. Di sicuro però quella dell’Università di Bologna è una scoperta che potrebbe rivelarsi di fondamentale importanza per la medicina, poiché questa tecnica potrebbe essere applicata come una particolare forma di anestesia delle funzioni vitali nel corso di alcuni difficili interventi cardiaci o neurologici.

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