Agli studenti stranieri le università italiane non piacciono. Ripetto a una media Ocse del 10 per cento di universitari provenienti da altri Paesi, in Italia la percentuale scende al 3,1 per cento, con 54.707 “non italiani” iscritti nell’anno accademico 2008-2009 su un totale di 1.759.000 iscritti. Così il nostro Paese si classifica ultimo per capacità di attrazione di universitari “immigrati”. Il dato emerge dal rapporto della fondazione Migrantes, che presentando la Giornata mondiale del migrante, prevista per il 16 gennaio, ha “misurato” il grado di ospitalità dei nostri atenei assieme ad altri aspetti del fenomeno migratorio nel nostro Paese.
Il dato sugli stranieri iscritti alle università di casa nostra sorprende ancora di più se si pensa che nel 2008-2009 gli iscritti stranieri sono aumentati del 5,6 per cento rispetto all’anno accademico precedente. Certo, le cifre sulla presenza degli immigrati in Italia non facevano presagire un’affluenza simile a quella del Regno Unito, dove gli studenti di origine non britannica sono il 17,9 per cento. Ma era difficile immaginare che il dato italiano fosse così lontano anche dall’11,4 per cento della Germania, dall’11,2 della Francia o dal 10 del Belgio.
Il rapporto della fondazione Migrantes, però, non si è fermato solo alla conta. Nello studio si evidenziano anche i motivi di una preferenza così ridotta verso le nostre università. Innanzitutto, spiegano gli estensori, c’è l’handicap della lingua, con una quantità di corsi in lingua inglese ancora troppo bassa. Poi c’è la questione degli spazi: gli studenti che vengono da altri Paesi devono provvedere praticamente in piena autonomia all’alloggio, dal momento che le residenze universitarie, nonostante alcuni sforzi fatti di recente, coprono uno striminzito 2 per cento della popolazione universitaria, mentre ad esempio Svezia, Germania e Francia possono contare rispettivamente sul 17, 10 e 7 per cento.