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Alla Sapienza mai più ricercatori a titolo gratuito

da | Mar 2011 | News | 0 commenti

L’impegno e la determinazione dell’Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) e il Cpu (Coordinamento nazionale precari della ricerca e della didattica università) stanno iniziando a dare i loro frutti nel settore Ricerca. Dalla Sapienza di Roma arriva il segnale che qualcosa si comincia a muovere: l’8 marzo, nella riunione del senato accademico è stato abolito un comma del regolamento di ateneo che “permetteva” agli assegnisti di ricerca di “fare richiesta” di assegnazione di incarichi di didattica integrativa a titolo gratuito.

Il risultato di questo cambiamento è che gli assegnisti di ricerca della più grande università italiana potranno finalmente compiere appieno il loro dovere, dedicandosi alle attività di ricerca. Inoltre se l’Università La Sapienza avrà bisogno del contributo degli assegnisti per completare l’offerta formativa dovrà stipulare con loro dei contratti per la didattica che prevedono una retribuzione.

Si tratta di un precedente di vitale importanza per il mondo del precariato, che potrebbe cambiarne le sorti a livello nazionale. Come dichiara Francesco Vitucci, Segretario di Adi Roma: “Un primo importante passo è stato dunque compiuto per limitare lo sfruttamento e per tutelare alcune delle figure più deboli nella piramide del potere accademico”.

L’azione che ha portato a questo risultato è stata fortemente voluta dalla sezione romana dell’Adi in collaborazione con il Cpu ed ha riscontrato il sostegno di varie categorie dell’ateneo, come il personale tecnico amministrativo della Flc-Cgil ma anche di altre sigle sindacali e dei ricercatori.

I “vertici” dell’Adi si dichiarano soddisfatti ma consapevoli che questo è solo un piccolo passo verso l’emancipazione e la tutela della figura del ricercatore. “Stiamo proponendo a tutti gli atenei dotati di una sezione Adi di accogliere lo stesso provvedimento – conclude Alessio Rotisciani, addetto stampa dell’Adi – in questi giorni, ad esempio ne ho parlato con il senato accademico dell’Università di Lecce. Speriamo che numerosi altri atenei seguano l’esempio di Roma”.

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