Mentre in Libia la contestazione assume i contorni del genocidio, con fonti sanitarie che accreditano l’ipotesi dei diecimila morti, in Italia si muove anche il mondo universitario in sostegli dei manifestanti. Al grido di “Libia libera”, si è svolta ieri a Roma una delle dimostrazioni di solidarietà nei confronti della popolazione, stremata in questi giorni di guerra civile dalla sanguinosa repressione messa in atto da Mu’ammar Gheddafi.
Ad organizzare la dimostrazione una trentina di studenti che ha occupato simbolicamente la Camera di Commercio Italo-libica con sede a Roma, facendo irruzione negli uffici, distribuendo volantini, mettendo in mostra striscioni e impegnandosi nell'”impacchettamento” con plastica trasparente di pc e altri strumenti, per esprimere in modo simbolico il “congelamento” dei rapporti tra Italia e Libia.
“Vogliamo fermare il massacro – gridavano ai microfoni i promotori della protesta – e oggi questa Camera ha ricevuto un ordine di espulsione dal basso. Qui passano accordi economici, missioni e patti di complicità mentre i rifugiati muoiono a suon di respingimenti nei lager libici”. Una dimostrazione per chiedere “lo stop ai bombardamenti, perché Gheddafi se ne vada subito”.
Gli studenti protagonisti dell’episodio hanno ribadito, come già altri studenti prima di loro, l’intenzione di marciare per le piazze accanto ai migranti nel giorno del 1 marzo, per manifestare sotto i “palazzi del potere”. Tuttavia il “congelamento” simbolico si è scontrato poco dopo con le forze dell’ordine, intervenute quando gli studenti hanno cancellato la targa del palazzo scrivendo “respinti”.
Intanto cinquecento neo-laureati libici, in prevalenza ingegneri e architetti, si ritrovano in questi giorni all’Università per Stranieri di Perugia, per prendere parte a un programma di formazione linguistico-culturale destinato ai più elevati livelli di scolarizzazione, un programma di tre mesi finanziato dall’accordo Italia-Libia stipulato in precedenza con l’obiettivo di migliorare i rapporti economici tra l’Italia e l’ex colonia.
Un’accoglienza che verrà replicata dall’Amministrazione regionale, stando alle dichiarazioni del vicepresidente della Provincia di Perugia, Aviano Rossi che ha dichiarato “qualora il governo del Paese voglia finanziare ed attribuire al nostro territorio compiti di accoglienza dei profughi libici e tunisini, la Provincia non si tirerà indietro, offrendo la consueta collaborazione che sa esprimere nelle situazioni di necessità”.