Sono 127 per ora gli
indagati coinvolti nell’inchiesta sui
test di ingresso
truccati presso le facoltà a numero chiuso di medicina e odontoiatria delle
università di Bari, Foggia, Ancona e Chieti. Sono docenti, studenti o genitori che saranno chiamati a vario titolo a rispondere delle accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa.
Per gli inquirenti, gli indagati avrebbero allestito per i test d’ingresso del
settembre 2007 un’efficiente centrale operativa dalla quale venivano inviati centinaia di
sms contenenti le risposte alle domande dei test ministeriali.
Il sistema utilizzato, anche se articolato, era molto semplice in realtà: gli studenti “affiliati” facevano partire i messaggi con i quesiti e, dal centro operativo, venivano inviate in breve tempo tutte le
risposte sempre via sms, e il ruolo dei genitori che sono stati coinvolti nell’inchiesta sarebbe stato quello di intermediari tra le centrali operative e gli aspiranti iscritti ai corsi di laurea.
Un
meccanismo collaudato già in altre occasioni che veniva “oliato” anche dalla partecipazione di falsi studenti che in realtà si iscrivevano ai test solo per aiutare coloro che avevano deciso di pagare per superare illecitamente lo sbarramento del numero chiuso. E secondo i magistrati, in caso di successo della prova, il “capo organizzatore” solitamente intascava compensi che arrivavano anche alla somma di
50.000 euro.
Lo stesso
professore, finì ai domiciliari nel 2008, misura cautelare che gli fu revocata dopo una settimana con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa pluriaggravata. In quell’occasione, l’allora
Ministro Mussi dichiarò: “Io sono contrario al numero chiuso, ma ci sono vincoli europei per cinque professioni. E’ evidente – ha osservato – che la riduzione dei corsi a
numero chiuso deve andare di pari passo con i mezzi forniti alle università per fornire percorsi didattici adeguati. Non basta emettere gride ma si devono creare le condizioni perché possano realizzarsi”.