“Elimineremo corsi e università inutili come Scienze del cane e del gatto”, con queste parole il ministro dell’Università Mariastella Gelmini interveniva alcuni mesi fa parlando dei punti cardine della riforma del sistema universitario. A distanza di tempo la titolare del dicastero dell’università torna a parlare di lauree inutili, stavolta però dagli spalti della trasmissione di Giovanni Floris “Ballarò”, in onda su Rai Tre.
Nel consigliare ai giovani il percorso più orientato al mondo del lavoro, il ministro si è focalizzato nuovamente sulla scarsa incidenza, se non inutilità, dei corsi in Scienze della comunicazione, che si sarebbero rivelati deludenti rispetto alle aspettative per quanto riguarda il placement nel mercato del lavoro.
Le facoltà di Scienze della comunicazione, secondo la Gelmini, si occuperebbero infatti soltanto di “amenità varie” e non aiuterebbero i giovani a trovare un posto di lavoro dopo la laurea, consigliando vivamente agli studenti di iscriversi a corsi di laurea in discipline scientifiche piuttosto che umanistiche. Facoltà scientifiche che però, come ha fatto notare un ragazzo intervenuto nel dibattito, erano in prima fila nelle proteste contro l’approvazione della riforma per i pesanti tagli subiti.
Già dalle poltrone di Bruno Vespa, a “Porta a porta”, il ministro aveva esortato: “Abbiamo bisogno di ingegneri, abbiamo bisogno di tecnici importanti. Una sola preghiera: non vi iscrivete a Scienze della comunicazione. Non fate questo tragico errore“. “Consigli” che soprattutto i diretti interessati, ma anche molti docenti, non hanno gradito. Certo, a giudicare dalle reazioni che si registrano on line molti studenti auspicano una revisione dei programmi didattici, che necessitano di un orientamento più forte non solo al mondo della ricerca ma anche a quello del lavoro, però – spiegano – lanciare una pubblica accusa alla disciplina sulla comunicazione nell’era dell’economia dell’informazione e della conoscenza, suona effettivamente un po’ malinconico.
nonostante i suoi padroni vivono di “COMUNICAZIONE”, quanto detto dalla Gelmini, non vale un fico secco, stante che ha dimostrato nei fatti “legiferando”, che di università non capisce completamente niente.
Brava la Gelmini, finalmente una cosa giusta : scienze della comunicazione è una laurea inutile!!!!!!!
Io sono laureata in ingegneria, sono del sud e sono disoccupata!!!!
E meno male che avete bisogno di ingegneri!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
la gelmini e altri dovrebbero darci delle risposte….
http://elledielle.wordpress.com/2011/10/12/lettera-aperta-a-bruno-vespa-a-porta-a-posta-ancora-contro-scienze-della-comunicazione/
Le aziende leder per poter fare profitto devono puntare su laureati in economia e laureati in comunicazione e marketing se non vogliono essere ritenute mediocri. La comunicazione pubblicitaria è l’anima del commercio.
Sono laureato in scienze della comunicazione è mi occupo di pubblicità da vari anni lavorando con aziende leder in vari campi produttivi. Anche in tempo di crisi faccio sempre colloqui ed il lavoro non manca. Guardo i miei amici laureati in Giurisprudenza, scienze politiche, psicologia, scienze della formazione, antropologia, sociologia, paleontologia, scienze turistiche o spettacolo e lettere sono tutti disoccupati.
Molti confondono la laurea in lettere con quella in scienze delle comunicazioni… A Roma vi sono più laureati in giurisprudenza che in tutta la Francia..
Le persone non capiscono cosa vuol dire lavorare nel campo delle scienze delle comunicazioni pubblicitarie e marketing perché l’uomo da sempre ha paura di tutto quello che non conosce…
Secondo il consorzio interuniversitario Almalaurea, nel 2010 i laureati triennali in Scienze della comunicazione, a un anno dalla laurea, non lavoravano meno degli altri, anzi: il 46,5% di loro lavorava, a fronte del 46% dei laureati triennali di tutti i tipi di corsi, e di un 41,8% di laureati triennali usciti dalle facoltà di Lettere e filosofia, a cui in molti atenei appartiene Scienze della comunicazione. Il che vuol dire che nel 2010, in piena crisi economica, i neolaureati in comunicazione lavoravano un po’ più degli altri (uno 0,5% in più) e ben più dei loro colleghi umanisti (4,2 punti percentuali in più).
Cordiali saluti