Un antico verme potrebbe salvare il nostro cuore: lo dice uno studio
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Prevenire danni al cuore grazie a un verme antico 400 milioni di anni: la scoperta di alcuni ricercatori pavesi

da | Apr 2014 | News | 0 commenti

Grazie a un piccolo verme è possibile prevenire i danni al cuore causati dall’amiloidosi da catene leggere delle immunoglobuline, una patologia provocata da un tumore che colpisce le cellule del sangue e che consiste nella produzione di un anticorpo – una immunoglobulina monoclonale – che va lentamente a depositarsi negli organi compromettendoli anche gravemente. Tale invertebrato può aiutare a ottimizzare le terapie finora sviluppate, così da migliorare la prospettiva di vita dei pazienti.

Il Caenorhabditis elegans – questo il nome del verme – è comparso sulla terra ben 400 milioni di anni fa. Le sue cellule muscolari si contraggono in maniera autonoma, proprio come quelle del cuore umano. Per questo motivo, alcuni scienziati dell’Istituto Mario Negri e del Policlinico San Matteo di Pavia sono stati incuriositi dalla sua anatomia e hanno deciso di prenderlo come modello per studiare la cardiotossicità provocata dall’amiloidosi da catene leggere delle immunoglobuline sui cardiomiociti, osservando che cosa accade alle fibre muscolari quando si sviluppa la malattia.

Ed è così che lo studio pavese – pubblicato sulla rivista Blood e frutto della collaborazione fra il dipartimento di Biochimica e Farmacologia molecolare dell’Istituto Mario Negri e il Centro per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi Aistematiche del Policlinico San Matteo di Pavia, assieme anche a ricercatori dell’Università di Milano e Torino – ha rivelato che le proteine dannose per il cuore di chi è affetto da questa malattia “danneggiano in modo specifico la laringe del verme”, spiega Luisa Diomede dell’Istituto Mario Negri. Ma da qui potrebbero derivare altre importanti informazioni per trovare un rimedio a questa patologia.

Finora la ricerca su questo tipo di amiloidosi era stata fortemente limitata dalla mancanza di modelli animali adeguati, ma ora la scoperta dei ricercatori pavesi apre nuovi orizzonti: “La possibilità di definire precocemente il potenziale cardiotossico delle immunoglobuline – spiega Giampaolo Merlini, che dirige il Centro per lo Studio e la cura delle amiloidosi sistemiche del Policlinico San Matteo di Pavia – consente di ottimizzare l’approccio terapeutico e di prevenire i danni al cuore causati dalla amiloidosi, migliorando così la qualità e la durata della vita dei pazienti”.

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