Università di Cambridge, ecco il materiale sintetico che cambia colore
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L’Università di Cambridge inventa un nuovo materiale sintetico capace di cambiare colore. Rivoluzione tessile in vista

da | Giu 2013 | News | 0 commenti

Alcuni studiosi dell’Università di Cambridge hanno messo a punto, in collaborazione con il team tedesco del Fraunhofer Institute for Structural Durability and System Reliability, un nuovo materiale sintetico particolarmente resistente e flessibile, oltre che in grado di cambiare colore quando sottoposto a una forza di trazione o torsione. Si tratta di una sorta di polimero, che trae ispirazione dall’opale naturale. Tale invenzione potrebbe conoscere un’applicazione non solo in ambito tessile, ma anche in altri settori.

L’opale naturale è un minerale amorfo che ha come caratteristica l’opalescenza, ovvero la trasparenza lattiginosa dovuta alla luce che attraversa l’interno della pietra. Il materiale sintetico messo a punto dall’Università di Cambridge si basa proprio su una struttura polimerica molto simile a quella dell’opale. Al contrario di questo però, presenta una consistenza elastica, che ne consente la deformazione semplicemente tirandone le estremità, oltre che un cambiamento del colore della superficie, con una gamma cromatica che passa dal verde al giallo, dal rosso al blu, più una serie di sfumature intermedie.

Il nuovo materiale sintetico realizzato dall’Università di Cambridge potrebbe rivoluzionare il settore tessile, il quale non è l’unico, però, che trarrebbe benefici da tale invenzione. L’opale polimerico potrebbe essere impiegato, ad esempio, anche per la realizzazione di banconote a prova di contraffazione, al posto degli ologrammi utilizzati fino ad adesso, che risultano essere molto costosi.

Inoltre, considerato che una percentuale compresa tra il 17 e il 20 per cento dell’acqua utilizzata dalle industrie di tutto il pianete viene impiegata per la colorazione dei tessuti – un’operazione che oltretutto richiede l’utilizzo di sostanze tossiche e nocive per l’ambiente -, l’adozione di questo nuovo materiale ovvierebbe al problema, eliminando la necessità di ricorrere ai pigmenti tradizionali. Allo stesso tempo – come ha spiegato il professor Jeremy Baumberg del Nanophotonics Group presso lo University’s Cavendish Laboratory – si garantirebbe la durata nel tempo dell’effetto cangiante e l’intensità della tinta.

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