“Non si possono fare le cose di colpo – ha detto Tremonti durante il suo intervento – se cerchi di cambiare tutto in modo radicale non sei tu che riformi il mondo ma il mondo che riforma te”. Entrando nel merito della possibile riforma, Tremonti ha aggiunto di vedere con favore “un modello in cui chi non ha le capacità contributive non paghi le tasse universitarie e viceversa chi ha le capacità le paghi”.
Attenzione però, ha avvertito il ministro: “In questi ultimi 20-30 anni si sono accumulate” nel mondo dell’Università una serie di “strutture” che hanno “elementi provenienti dalla peggiore tradizione sovietica”. In queste strutture – ha spiegato Tremonti – si sono accumulati i difetti senza i pregi della burocrazia e della demagogia. L’assetto che c’è oggi non va bene, ma questo non significa buttare via tutto”.
Se c’è una cosa da fare per Tremonti è infatti proprio “conservare la straordinaria, eccezionale tradizione dell’università italiana”. Inoltre, l’università “non deve essere un’azienda”, perchè esiste, per il ministro “una differenza “radicale” tra le due istituzioni. Ma, allo stesso tempo, “è assolutamente ragionevole una intensificazione di alcuni settori”.
Per il titolare di Via XX Settembre infine no ai ricercatori “nonni”: “Non si può avere chi fa ricerca per 50 anni. Lo status di ricerca a vita è una cosa che non sta in piedi, è una contraddizione in termini e difficile da accettare”.