Il ministro dell'Istruzione contestato a Roma Tre: "Profumo di austerity"
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Il ministro dell’Istruzione contestato a Roma Tre: “Profumo di austerity”

da | Gen 2012 | News | 0 commenti

Il ministro dell’Università Francesco Profumo è stato oggetto questa mattina della seconda contestazione in due giorni da parte degli studenti universitari della Capitale. Questa mattina l’occasione è stata data dalla presenza del titolare del Miur all’inaugurazione dell’anno accademico, dove era in programma anche un intervento dell’ex presidente del consiglio Romano Prodi. Quest’ultimo, attualmente presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli, ha tenuto una prolusione su “Europa, giovani, scenari mondiali”.
Oggetto delle proteste il rischio “privatizzazione” per il sistema universitario italiano al grido di “Il sapere non e’ una merce!”. “C’è Profumo di austerity” recitava uno degli striscioni aperti dagli studenti all’arrivo del ministro, mentre altri cartelli contestavano il prestito d’onore definendolo un “regalo alle banche”.

I giovani della sigla “Ricomincio dagli studenti” hanno consegnato a Profumo una lettera con le loro richieste, tra le quali spicca quella di non dare seguito all’abolizione del valore legale della laurea, che secondo gli studenti creerebbe pochi atenei d’élite e molti di serie B, favorendo le “fabbriche” di titoli di studio.
La contestazione al ministro arriva a un giorno di distanza dalla protesta inscenata da Link-Coordinamento universitario in una scuola del quartiere Romanina, sempre a Roma. Ma il ministro Profumo è oggi al centro dell’attenzione anche per il suo “doppio incarico”. Profumo, infatti, dopo la nomina a ministro non ha lasciato l’incarico di presidente del Consiglio nazionale delle ricerche chiedendo all’Authority per la concorrenza di esprimersi sull’eventuale incompatibilità.
In un articolo sul Corriere della Sera, oggi Gian Antonio Stella fa notare che il ministro ha dato così l’impressione di volersi riservare la carica di guida del Cnr per il dopo-governo Monti, mentre ad avviso del giornalista la legge che regola le incompatibilità “pare chiara” nello stabilire che chi ricopre incarichi di governo non può “svolgere altre funzioni comunque denominate in enti di diritto pubblico”.

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