Il Consiglio dei Ministri (CDM) ha approvato un disegno di legge destinato a rivoluzionare il reclutamento dei docenti universitari. La proposta, avanzata dal Ministero dell’Università e della Ricerca, introduce un nuovo modello normativo che andrebbe a emarginare il sistema di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN). Sistema giudicato ormai inadeguato, obsoleto e fonte di distorsioni. Così, la nuova riforma reclutamento docenti si inserisce in un processo di modernizzazione dell’università italiana, che vuole allinearsi con gli standard europei e con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Perché il sistema ASN non funziona più
Introdotta con la Legge 240 del 2010, l’Abilitazione Scientifica Nazionale era nata con l’obiettivo di selezionare i candidati più meritevoli per l’accesso al ruolo di professore associato e ordinario. Ma con il passare del tempo, il meccanismo si è trasformato in un procedimento farraginoso, con una validità del titolo troppo estesa e una percezione errata da parte dei candidati, che consideravano l’assunzione una sorta di diritto automatico. Questo ha generato un eccessivo numero di docenti abilitati, non assumibili dalle università attraverso le normali procedure, portando a una sovrapposizione di aspettative e ad un incremento dei contenziosi.
Così l’ASN ha smesso di garantire la qualità dell’università, diventando un sistema pesante e lontano dai bisogni reali. Inoltre, la duplicazione delle valutazioni
Come cambia il reclutamento docenti con la nuova riforma
Con il nuovo modello di reclutamento docenti universitari si mira a semplificare le procedure, valorizzare il merito e responsabilizzare gli atenei. Il nuovo modello è fondato su alcuni pilastri fondamentali, ossia:
- decentralizzazione delle selezioni
- valutazioni periodiche della qualità del personale reclutato
- incentivi economici per gli atenei più virtuosi
- armonizzazione delle regole per docenti e ricercatori
La selezione dei professori ordinari, associati e dei ricercatori quindi non sarà più gestita a livello nazionale, ma sarà demandata direttamente dalle università. Ognuna avrà la possibilità di gestire in autonomia i concorsi, sempre nel rispetto dei criteri ministeriali.
Al fine di garantire l’imparzialità della selezione, le commissioni giudicatrici saranno composte da un membro interno e membri esterni, sorteggiati da un elenco nazionale.
Valutazione continua e fondi premiali, il merito al centro
Tra le novità della riforma reclutamento docenti universitari, spicca l’introduzione di una piattaforma informativa nazionale, gestita dal MUR, attraverso la quale i candidati potranno autocertificare il possesso dei requisiti minimi per partecipare ai concorsi. Un’ottima novità che mira a snellire il procedimento di selezione e controllo dei docenti. I parametri riguarderanno principalmente la produttività scientifica, la qualità delle pubblicazioni e altri indicatori di qualificazione accademica.
Inoltre, si prevede l’introduzione anche di un meccanismo di valutazione biennale dei docenti neoassunti. In pratica, ogni due anni verranno esaminati i risultati ottenuti da ciascun docente, secondo i criteri elencati prima (produttività scientifica, attività didattica, partecipazione a progetti di ricerca e impatto generale sulla qualità accademica dell’ateneo). Questi risultati influiranno direttamente sulla ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), che per il 2025 ammonta a 9,4 miliardi di euro.
Le università che si dimostreranno più efficaci nel selezionare docenti produttivi e che sappiano portare qualità accademica riceveranno più fondi. Instaurando così un meccanismo dove si premia il merito e si incentiva la selezione più accurata e qualitativa. Passando da un sistema statico e centralizzato ad un modello dinamico, in cui la qualità del reclutamento docenti è la priorità.
Le sfide della riforma reclutamento docenti, mobilità e trasparenza
Una tra le più importanti sfide che la riforma reclutamento docenti dovrà affrontare è favorire la mobilità accademica, sia all’interno del sistema universitario nazionale che a livello internazionale. Le nuove regole sono state pensate per superare i fenomeni di autoreferenzialità e localismo, spesso accusati di rallentare l’innovazione e la competitività del sistema universitario italiano. A tal proposito, si prevede una procedura specifica per agevolare il trasferimento e la circolazione del personale di ruolo tra i vari atenei.
Inoltre, le modifiche introdotte non riguardano solo i professori ordinari e associati, ma anche i ricercatori a tempo determinato. Contribuendo così a costruire percorsi più chiari e meritocratici per l’accesso alla carriera accademica indipendentemente dalla tipologia di contratto. In questo modo si cerca di portare una maggior coerenza e meritocrazia nelle diverse tappe del percorso universitario, dalla ricerca iniziale del reclutamento, all’ingresso ai ruoli di docenza.
Verso una decentralizzazione del sistema di reclutamento docenti
Uno tra gli aspetti più significativi della riforma è la valorizzazione dell’autonomia degli atenei, accompagnata da una maggiore responsabilizzazione. Le università avranno infatti più libertà nella scelta dei propri docenti, ma dovranno anche tenere conto dei risultati ottenuti da questi ultimi. Il sistema è stato concepito proprio per rafforzare e innalzare il livello di accountability, ossia: chi lavora bene viene sostenuto e incentivato.
Così, la governance del sistema universitario si muove verso una logica di efficienza, trasparenza e decentralizzazione, che richiama i migliori standard europei. Secondo il Ministero, con il nuovo modello non verranno stravolte le solide basi che hanno reso l’università italiana un polo d’eccellenza, ma solo quegli elementi che sono risultati inadeguati e controproducenti.
Le prospettive future
Le modifiche proposte si concentrano su pochi ma decisivi elementi: selezione, valutazione e progressione, tutti aspetti che incidono direttamente sulla qualità accademica degli atenei. Con questo approccio mirato sarà possibile rafforzare il merito, valorizzare le eccellenze e rendere il sistema universitario più competitivo e trasparente.
La riforma del reclutamento docenti rappresenta un passaggio cruciale per il futuro del mondo universitario italiano. Se da un lato offre una risposta concreta alle distorsioni del sistema dell’ASN, dall’altro apre nuove sfide in termini di equità, trasparenza e gestione delle risorse umane. Ma, allo stesso tempo, sarà fondamentale che il Ministero mantenga un ruolo attivo nel monitoraggio dei risultato e nell’aggiornamento periodico delle regole, al fine di garantire un sistema flessibile, adattabile e sempre orientato all’eccellenza.
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