Koji Yamashiro vive da 8 anni in Israele, studia il pensiero ebraico, parla fluentemente la lingua dei rabbini, eppure il mancato rinnovo del visto potrebbe presto costringerlo ad abbandonare i propri studi e a lasciare il Paese, dove ha conseguito la laurea triennale e specialistica all’Università Ebraica di Gerusalemme. Il governo di Israele si rifiuta infatti, secondo quanto si legge nel sito di informazione Haaretz.com, di prolungare il permesso di soggiorno di Koji. Perché? Teme che il giovane, di religione non ebraica, possa “mettere radici” e non lasciare il Paese una volta completati gli studi.
Oltre 300 persone, tra docenti e studenti di dottorato hanno sottoscritto una lettera fatta pervenire martedì al presidente Shimon Peres, al primo ministro Netanyahu e al ministro dell’istruzione Gideon Sa’ar per contestare la decisione dell’Autorità per l’Immigrazione di non estendere il visto dello studente. Una decisione dettata, a quanto sembra, proprio dal timore che lo studioso possa stabilirsi definitivamente nel Paese, anche se Yamashiro (la sua foto in alto è di Michal Fattal, tratta da Haaretz.com) sostiene di aver scritto già due volte al ministro dell’Interno per assicurarlo che una volta completati gli studi intende lasciare Israele.
Facendo subito armi e bagagli, Koji si troverebbe costretto infatti a interrompere la sua ricerca, che affronta il tema delle grandi religioni monoteistiche e in particolare al mito dell’uomo primordiale nelle religioni abramitiche: “In nessuna parte del mondo è possibile avere accesso ai materiali di questo campo di studi come in Israele“, spiega il ricercatore a Haaretz. E insieme alla sua voce si alza un coro di no alla decisione dell’autorità per l’immigrazione, che secondo colleghi e docenti rappresenta “un danno alla nostra attività accademica e alla comunità scientifica israeliana nel suo complesso”.
E il caso del ricercatore giapponese non sarebbe il primo, sempre secondo la testata israeliana anche uno studente tedesco sarebbe stato costretto in passato a interrompere il dottorato per lo stesso motivo. Ma la mobilitazione intorno al caso potrebbe portare ad un finale diverso: l’ufficio immigrazione, contattato da Haaretz, ha dichiarato infatti che “la domanda verrà riesaminata”.
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