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Rettori preoccupati sulle sorti dell’Università italiana

da | Lug 2010 | News | 0 commenti

Si prospettano tempi bui per l’Università italiana, è l’allarme della Conferenza italiana dei rettori che ancora una volta lancia un monito preciso: senza riforme e senza risorse, l’università ha le gambe corte. Dopo l’appello che i rettori avevano lanciato al Governo sui tagli previsti in finanziaria a partire dal 2011, non c’è stata nessuna marcia indietro. Se a questo si aggiunge un ddl che ancora attende di essere messo in agenda al Senato, allora la situazione si fa pesante, spiegano i rettori.
“Sussiste il rischio concreto, in una fase sempre più critica della politica italiana, che il provvedimento di riforma, nella versione già migliorata e ancora migliorabile dal Parlamento, non venga approvato neppure in prima lettura entro la pausa estiva” scrivono i rettori in una nota.
Oltre al recupero dei tagli al fondo di finanziamento ordinario previsti per i prossimi tre anni, infatti, la Crui chiede un rilancio del sistema universitario italiano attraverso l’attuazione tempestiva di una riforma che però tenga conto delle modifiche che sono state richieste da più parti.
In particolare, tra le richieste dei rettori quelle di concedere un’organizzazione più flessibile agli atenei virtuosi, una riforma del reclutamento che tenga conto dei giovani docenti e ricercatori, e che preveda la chiamata ogni anno di almeno duemila ricercatori a tempo indeterminato.
Ma la riforma non basta, dice apertamente la Crui, se non tiene conto delle risorse finanziarie necessarie per sostenere l’intero sistema universitario. Quello di cui l’Università ha bisogno, scrivono i rettori nel documento sono “risorse commisurate ai fabbisogni effettivi e non più oltre comprimibili del sistema, pena il suo inevitabile collasso”.
Questo collasso non è così lontano se si pensa allo sciopero bianco dei ricercatori che sta raccogliendo sempre maggiori adesioni, e anche alle nuove forme di sciopero dei docenti e di sostegno che i professori stanno dando a non coprire le attività lasciate scoperte dai ricercatori che aderiranno al blocco della didattica. Interi corsi rischiano di non partire, in gioco c’è l’intera offerta formativa del nuovo anno accademico.

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