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Ocse: “In Italia laurea non vuol dire lavoro. Università troppo distante dall’ambito professionale”

da | Gen 2015 | News | 0 commenti

La laurea fa trovare lavoro (quasi) ovunque, tranne che in Italia. Il ritratto impietoso del nostro Paese è dipinto dal Rapporto intermedio Ocse sull’Istruzione 2015, presentato nei giorni scorsi a Londra. Se mediamente in Europa solo poco più di 5 laureati su 100 nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni sono disoccupati, da noi il dato si impenna, arrivando a un preoccupante 16 per cento di giovani senza lavoro “di lusso”, che in tasca hanno un titolo universitario. Peggio di noi fanno solo la Grecia (33,1 per cento), la Spagna (20,8 per cento), e il Portogallo (18,4 per cento), mentre veniamo scavalcati perfino da Turchia (11,1 per cento) e Slovenia (10,8 per cento).

E non è tutto. Il Rapporto intermedio Ocse sull’Istruzione 2015 assegna all’Italia un’altra poco onorevole posizione di vertice: siamo tra i primi cinque paesi – insieme a Messico, Portogallo, Spagna e Turchia – con la più alta percentuale di persone con un titolo di studio di livello basso sia tra gli adulti (nella fascia 55-64 anni) sia tra i giovani (25-34 anni). In più, come se non bastasse, deteniamo insieme a Grecia, Spagna e Turchia il primato per il numero di giovani (tra i 25 e i 29 anni) che non lavorano né sono inseriti in alcun percorso di formazione, i famosi “Neet”.

A proposito di quanto è emerso dal Rapporto intermedio Ocse sull’Istruzione 2015, il coordinatore del programma Pisa, Andreas Schleicher, ha sottolineato che il nostro Paese ha compiuto “molti e significativi miglioramenti negli ultimi dieci anni ma quando si guarda all’educazione dopo la scuola il legame con il mondo del lavoro è debole e l’università è distante dall’ambito professionale“.

In Italia non c’è lavoro per i laureati, ma neppure per gli studenti. Dal Rapporto intermedio Ocse sull’Istruzione 2015, infatti, si apprende che i nostri universitari – per mancanza di opportunità o perché proprio non lo cercano – raramente hanno un impiego. Solo il 5 per cento di loro si inserisce nel mondo del lavoro prima di terminare gli studi, mentre altrove è considerato assolutamente normale studiare e lavorare per mantenersi o per acquisire più autonomia. E anche per quel che riguarda gli orari siamo indietro: se la maggior parte degli studenti lavoratori italiani è impegnata per meno di 10 ore a settimana, in paesi come Canada, USA e Irlanda i loro colleghi trascorrono fino a 34 ore sul posto di lavoro.

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