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Puglia, professore universitario arrestato: gestiva un giro di prostitute

da | Set 2015 | News | 0 commenti

C’è anche un professore universitario tra i dieci arrestati dalla Squadra mobile di Brindisi per un giro di prostitute che aveva come propria sede operativa centri benessere e massaggi di Lecce, Taranto, Gallipoli e appunto Brindisi. Gli arresti sono arrivati al termine di due anni di indagini serrate sull’associazione criminale che costringeva ragazze di nazionalità cinese a vendere il proprio corpo con la violenza o sotto la minaccia di ritorsioni sui loro parenti più stretti.

Oltre ai dieci arrestati – otto tradotti in carcere e due ai domiciliari – nell’ambito dell’operazione “Peonia rossa” (il nome deriva da quello di uno dei centri benessere) sono indagate altre cinque persone. Le accuse per tutte le persone coinvolte sono associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento, all’induzione e allo sfruttamento della prostituzione.

Il docente che secondo le indagini sarebbe coinvolto nella gestione di questo giro di prostitute è un professore di seconda fascia di Matematica e Fisica presso l’Università del Salento anch’egli di origine cinese, ma residente a Lecce. Ciò che gli viene contestato è di essere il capo dell’associazione a delinquere. Stando all’accusa, infatti, sarebbe stato proprio il professore universitario a impartire le direttive per la gestione delle ragazze nei centri benessere e massaggi di Lecce e Gallipoli. Per questo l’ordinanza del gip Maurizio Saso su richiesta del Pm Savina Toscani ne ha disposto la detenzione in carcere.

Secondo gli inquirenti, il giro di prostitute appena smantellato coinvolgeva oltre alle attività citate anche abitazioni private e aveva un cospicuo volume d’affari, che si aggirava intorno ai 150mila euro al mese. Le ragazze cinesi venivano costrette a prostituirsi con la violenza e, se in un primo momento si rifiutavano di farlo, diventavano oggetto di pesanti minacce che, come sarebbe stato accertato almeno in un caso, arrivavano a comprendere perfino l’uccisione di parenti ancora residenti in Cina.

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