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In un mercato del lavoro sempre più complesso e competitivo, una delle domande più frequenti tra studenti e famiglie riguarda il vero valore della laurea: “Ma ne vale davvero la pena?”.
A rispondere non solo esperienze personali o sensazioni diffuse, ma i dati. E quelli dell’Osservatorio JobPricing parlano chiaro: possedere un titolo di istruzione terziaria può fare la differenza nel lungo periodo, ma con alcune importanti precisazioni.
Quanto conta il titolo di studio?
Nel 2024, secondo i dati raccolti, chi è in possesso di una laurea guadagna in media 43.000 euro lordi all’anno, contro i 30.000 euro di chi ha un diploma o una qualifica professionale. La differenza è netta, un 38% che però è ancora ben lontano dalla media europea, dove il vantaggio dei laureati rispetto ai non laureati è di circa il 56%.
Il dato italiano mostra un valore della formazione universitaria in crescita, anche se inferiore rispetto agli altri Paesi europei. La causa principale? Un mercato del lavoro ancora poco strutturato per valorizzare le competenze avanzate, soprattutto i primi anni dopo la laurea. In Italia, il cosiddetto “pezzo di carta” non garantisce automaticamente un salto retributivo, soprattutto se inseriti in contesti aziendali dove conta più l’esperienza che il titolo accademico.
Il percorso formativo e gli “scatti” di stipendio
Il primo salto salariale significativo si registra tra la scuola dell’obbligo e il diploma di scuola secondaria superiore (+13%). Tuttavia, il vero scatto arriva con l’università, perché tra un semplice diploma e una laurea magistrale o un master di primo livello si guadagna il 29% in più. E per chi completa anche un master di secondo livello può arrivare a guadagnare in media 51.000 euro lordi all’anno, contro i 27.500 di chi ha solo la licenza media.
Ma attenzione, perché non tutti i titoli accademici garantiscono lo stesso ritorno economico. La laurea triennale, per esempio, migliora solo leggermente la posizione rispetto al diploma (33.531 euro contro 32.017 euro), mentre è la laurea magistrale a fare davvero la differenza. Questo suggerisce che fermarsi al primo ciclo universitario, in molti casi, potrebbe non essere sufficiente per ottenere un reale vantaggio competitivo.
Le differenze salariali aumentano con l’età
Uno dei dati più interessanti riguardo l’evoluzione salariale nel tempo. Fino ai 25 anni, il divario tra laureati e non laureati è minimo (circa l’8%), perché chi non ha proseguito gli studi ha già accumulato più anni di esperienza lavorativa. Ma a partire dai 35 anni, il “ritorno sull’investimento” comincia a essere evidente. Il vantaggio salariale, infatti, sale al 36%, per poi raggiungere un +76% a 55 anni e oltre.
In altre parole, il titolo di studio si rivela un potente acceleratore di carriera nel medio-lungo termine, specialmente quando consente l’accesso a ruoli più qualificati, di coordinamento o dirigenziali.
Le aree disciplinari con i migliori stipendi
Come spesso accade, non tutte le lauree portano a salari uguali. I dati dell’Osservatorio mostrano infatti che le retribuzioni più alte spettano a chi si laurea in discipline tecnico-scientifiche ad alta specializzazione.
Tra i più retributivi troviamo:
- Ingegneria chimica e dei materiali: 36.275 euro
- Ingegneria nucleare: 35.952 euro
- Ingegneria meccanica, navale, aeronautica e aerospaziale: 35.675 euro
- Ingegneria gestionale: 35.819 euro
- Ingegneria informatica, elettronica e telecomunicazioni: 35.675 euro
A seguire, con retribuzioni leggermente inferiori, ci sono i laureati in Scienze Economiche, Matematiche e Statistiche. All’opposto, le lauree in ambito Umanistico, Psicologico, Linguistico e Pedagogico presentano le RAL più basse, spesso sotto i 31.000 euro.
È evidente che il mercato del lavoro premia le competenze tecniche, digitali e gestionali, in linea con le richieste delle imprese e la trasformazione digitale in atto in molti settori produttivi.
In quanti anni si ripaga l’investimento universitario?
Un altro aspetto fondamentale è il cosiddetto “tempo di payback”, ossia in quanti anni si recupera l’investimento economico fatto per laurearsi. Anche qui , le differenze sono notevoli.
- Per uno studente in sede i tempi medi sono di circa 12 anni e mezzo
- Per uno studente fuori sede, i tempi si allungano di circa due anni, arrivando anche a oltre i 16 anni.
Questo dato evidenzia l’importanza di una scelta consapevole, perché l’università non è solo una spesa, ma un investimento sul futuro. E come ogni investimento, c’è bisogno di tempo per dare i suoi frutti.
Laureati ma sottovalutati
Nonostante gli evidenti vantaggi, esiste un problema strutturale nel nostro sistema. Molti italiani laureati non riescono a trovare occupazioni adeguate al proprio livello di istruzione. Nei ruoli di operaio, ad esempio, i laureati guadagnano in media l’1,7% in meno dei non laureati. Al contrario, tra i dirigenti il vantaggio è solo dell’11,7%.
Questo perché in molti contesti non si riesce ancora a valorizzare appieno la formazione accademica. Secondo il report, oltre il 60% dei dirigenti è laureato, ma tra gli operai la quota scende sotto il 30%. Un problema di riconoscimento del merito e allocazione delle competenze, che va a incidere anche sulla cosiddetta “fuga di cervelli”, che negli ultimi anni ha contato quasi 100.000 laureati che hanno lasciato il nostro Paese.
Quindi conviene investire negli studi?
La risposta, con i numeri alla mano, è sì. Studiare conviene, ma serve pazienza e consapevolezza. I vantaggi economici non sono immediati, e il mercato del lavoro italiano presenta ancora criticità strutturali che possono rallentare il ritorno sull’investimento formativo. Tuttavia, nel medio e lungo termine, il titolo accademico rappresenta un passaporto per posizioni più qualificate, meglio retribuite e con maggiori possibilità di crescita.
Scegliere bene il corso di laurea può fare la differenza, soprattutto se si punta su ambiti tecnico-scientifici o economici.
Se stai valutando quale corso di laurea intraprendere, prova il nostro test di orientamento per capire quale percorso fa davvero per te e scoprire quali opportunità offre il mercato del lavoro in base alla tua scelta!
- Test di Orientamento Universitario
- Test di Orientamento Facoltà
- Test Ri-Orientamento Psicoattitudinale
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