Programma Montalcini, flop per il rientro in Italia dei cervelli
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Programma Montalcini, flop per il piano di rientro in Italia dei nostri giovani ricercatori

da | Mar 2013 | News | 5 commenti

Si torna a parlare del Programma Rita Levi Montalcini, l’iniziativa destinata a favorire il rientro dei cervelli in fuga, nata nel 2009 per festeggiare i cento anni della scienziata italiana scomparsa lo scorso 30 Dicembre. A distanza di quattro anni, è il momento di un primo bilancio per il progetto dedicato ai giovani ricercatori italiani emigrati all’estero. Un bilancio non proprio positivo, se si pensa che, mentre il bando del primo anno ha ormai concluso il suo iter, i successivi si sono persi nei meandri del MIUR permettendo il ritorno in patria di soli 29 dei nostri scienziati.

Insomma, il piano per il rientro dei cervelli si è rivelato un autentico flop, anche perché è rimasto da subito vittima delle lungaggini ministeriali. Basti pensare che il bando per il 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale solo il 28 Febbraio 2012, la commissione di valutazione è stata nominata il 10 Settembre dello stesso anno, il 17 Dicembre scorso si è insediata e il 21 Febbraio di quest’anno ha dichiarato che terminerà i suoi lavori, salvo ritardi, entro sei mesi dall’insediamento. Il concorso del 2011 poi non è mai stato bandito, mentre quello del 2012 è scaduto domenica 3 Marzo, prima ancora che si concluda l’iter di quello di due anni prima.

I cosiddetti “cervelli in fuga” disposti a far rientro in Italia per svolgere in patria, tra mille difficoltà, le loro ricerche hanno ormai capito che il Programma Montalcini rischia di arenarsi. Nel 2009 sono state infatti ben 363 le domande per i 31 posti disponibili, mentre già l’anno seguente sono stati solo in 81 a farsi avanti per 24 posti.

Intanto anche i finanziamenti dal MIUR sono calati da sei a cinque milioni di euro e quelli per il 2011 sono addirittura tornati nelle casse dello Stato. Anche gli anni di contratto da ricercatore offerti ai nostri giovani cervelli per il loro rientro si sono dimezzati, passando da sei a tre a causa della riforma Gelmini del 2010 che vieta il rinnovo dei contratti triennali previsti dal Programma Montalcini.

I vincitori della prima edizione sono ormai vicini alla scadenza del loro contratto, senza sapere ancora se il loro futuro sarà nuovamente all’estero. L’incertezza ha spinto i ricercatori rientrati in Italia a pubblicare una lettera di protesta indirizzata al ministero nella quale si chiedevano quale fosse il senso del Programma Montalcini: “Un contratto proiettato in un cul de sac accademico? Una fellowship di tre anni per giovani ricercatori qualificati che però non saranno più così giovani allo scadere del contratto triennale de potersi rimettere in gioco sul mercato internazionale?”.

Per fugare le loro preoccupazioni, i rappresentati dei vincitori del bando sono stati ricevuti due volte al ministero, dove hanno ricevuto rassicurazioni in merito alla volontà del ministro Profumo di rinnovare i loro contratti in scadenza nel 2014 inserendo le risorse necessarie nel Fondo per il finanziamento ordinario alle università del 2013. Ma resta il nodo dei candidati del bando del 2010, ai quali la commissione di valutazione ha fatto sapere che presto li informerà sullo stato dei lavori, ad un anno dalla presentazione della domanda.

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Riccardo
Riccardo
11 anni fa

Il secondo ed il terzo bando del “programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini” non sono assolutamente adatti per chi, all’estero, abbia già ottenuto una posizione a tempo indeterminato costruendovi la propria carriera soltanto con le proprie capacità e senza legami con l’accademia italiana. Chi si trova in questa situazione avrebbe dovuto astenersi dal far domanda per il secondo o per il terzo bando, o comunque dovrebbe rinunciarvi qualora, inconsapevole della realtà italiana, sia stato indotto a presentarla. A parte l’ inconveniente di doversi far giudicare da baroni dell’ accademia italica (“abilitazione scientifica nazionale”) che hanno i propri “allievi” da “abilitare” e vedono con fastidio chi proviene dall’ estero e non é stato “nutrito” da loro, è realisticamente quasi impensabile, con soli tre anni di contratto, riuscire a farsi apprezzare all’ interno dei Dipartimenti e delle Università italiote al punto da sperare di essere “chiamati” tramite una procedura, quella dell’ Art. 18 let. e) e 24 c. 5) legge Gelmini, che mette in concorrenza gli ultimi arrivati (in ipotesi i vincitori del secondo o terzo bando del programma Montalcini) con chi da anni scalpita all’interno delle Università per diventare associato. Questi due bandi del programma Montalcini, il secondo ed il terzo, potrebbero essere considerati solo da chi, all’ estero, abbia un contratto a tempo determinato e nessuna certezza di potervi restare in futuro…fra essere precari all’ estero ed essere precari in Italia, potrebbero forse scegliere di esserlo in Italia, magari per motivi familiari….era diverso il discorso nel caso del primo bando del programma Montalcini, che fu emanato con il decreto ministeriale 230 del 2009. Questo offriva un contratto triennale rinnovabile per un ulteriore triennio e, essendo stato presentato all’ origine come un programma di c.d. “rientro dei cervelli” (2009) in un tempo in cui non esisteva una diversa categoria di programmi per tornare in Italia, dava la possibilità ai suoi vincitori, dopo la conclusione, di fruire di una “chiamata diretta” anche sulla posizione di associato in base alla “legge Moratti” (secondo caso dell’ Art. 1, c. 9, legge 230/2005), così come era possibile per i vincitori dei precedenti programmi di rientro. Il quadro – fino a 6 anni di contratto, utilizzabili per farsi conoscere ed apprezzare dalle Università, seguiti dall’ accesso ad un canale riservato per la stabilizzazione (senza l” “abilitazione nazionale”) con un cofinanziamento ministeriale del 95% – poteva essere certo attraente anche per chi, all’ estero, aveva conquistato una posizione a tempo indeterminato. Mi sembra proprio che la legge Gelmini abbia rovinato il programma Rita Levi Montalcini. Spero vivamente, per i vincitori del primo bando che vogliano restare in quei termini, che il Miur mantenga loro il quadro che conoscevano fin dal 2009….altrimenti temo che il famoso Nobel si rivolterebbe nella tomba!

Lucia
Lucia
11 anni fa

Anche io spero che nessuno dei vincitori del primo bando sia costretto a tornarsene all’ estero, e sono d’accordo con ciò che scrivi. Ricordo tutte le fortissime proteste che vi furono, alla fine del 2010, al momento dell’ approvazione della “legge Gelmini”: un Parlamento di pluriinquisiti e corrotti, che non rappresentava quasi nessuno, non poteva proprio trovare niente di meglio da fare che introdurre una legge che avrebbe rovinato il programma intitolato alla Montalcini? Evidentemente nessuno, mentre quella legge voluta da baronati, lobbies e potentati veniva discussa, si chiedeva se vi fossero state conseguenze per il programma che avrebbe dovuto far tornare in Italia i ricercatori e docenti che lavoravano all’estero! Ed ora, sorpresa!! si scopre che il numero di domande è crollato da 363 per il primo bando a sole 81 per il secondo che contiene clausole ben più sfavorevoli. Ma non bastava solo un pò di buon senso (voglio dire, sapersi mettere nei panni di chi lavora all’ estero) per capire che con la nuova versione il programma non sarebbe stato più attrattivo? Dipendesse da me, abrogherei senza esitare la legge Gelmini

Riccardo
Riccardo
10 anni fa

Il tema del “rientro-nuova fuga” dei cervelli torna periodicamente all’attenzione, come nei recenti articoli di Flavia Amabile su “La Stampa” e di Marco Quarantelli su “Il Fatto Quotidiano”. Dopo la preoccupazione espressa dalla stampa per la sorte dei vincitori del primo bando del programma Rita Levi Montalcini lanciato nel 2009 (così come dei vincitori dei precedenti programmi di rientro), finalmente una Università cerca di invertire la rotta rispetto al passato. Ho letto sulle pagine Web dell’ Università Politecnica delle Marche (di Ancona) che questo Ateneo ha deciso di proporre al Ministero la chiamata diretta come associati per i suoi due vincitori del primo programma Montalcini e, scorrendo i loro curricula, si vede che uno dei due, in forza alla Facoltà di Economia, aveva già raggiunto all’estero una posizione a tempo indeterminato (“Lecturer B”), che da una passata delibera del CUN e dalle tabelle ministeriali risultava già equiparabile a quella di associato. Questa Università ha quindi dimostrato lungimiranza e voglia di apertura. Non risulta che altre Università in Italia abbiano ancora assunto la stessa decisione; ciò rende veramente ammirevole il tentativo di stabilizzazione effettuato per i due vincitori del primo bando Montalcini dall’ Università Politecnica delle Marche e vorrei sperare che funga da apri-strada per una inversione di tendenza a livello nazionale !

Mario
Mario
10 anni fa

Finalmente una Università prova a cambiare le cose!! Il Ministero dovrebbe, oltre che accettare la richiesta di stabilizzazione, anche dare un bel premio all’ Università Politecnica delle Marche; infatti, senza la volontà delle Università di trattenere i cervelli rientrati, non capisco proprio a cosa servano i “programmi di rientro”!

Giorgio
Giorgio
10 anni fa

Secondo me la scelta dell’ Università Politecnica delle Marche corrisponde niente di meno a ciò che avrebbero fatto le migliori Università estere: usare il periodo a tempo determinato per provare le persone, conoscere le capacità, valutare ciò che possono offrire e decidere se trattenerle a tempo indeterminato. Se ha deciso di tentare di cercare di stabilizzare i due vincitori del primo Montalcini, vuol dire che è rimasta soddisfatta dalle “prestazioni” dei due. Comunque, tanto di cappello ad una Università che sembra aver rifiutato le logiche corporative dei famosi baroni italiani (ho letto il libro di Giulio Palermo sulle classiche Università dei baroni; è sconcertante). Ora bisognerebbe stare a vedere se il CUN e il MIUR daranno carta verde all’ Università Politecnica delle Marche!