L'allarme del CUN: "58mila iscritti all'università in meno in 10 anni"
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L’allarme del CUN: “58mila matricole in meno in 10 anni e docenti in forte calo. È come se fosse sparito un intero ateneo”

da | Feb 2013 | News | 1 commento

Dopo il Censis e l’Istat anche il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) conferma l’ingente calo degli iscritti all’università. La diminuzione degli immatricolati è tanto evidente che in un decennio è come se fosse sparito un ateneo delle dimensioni della Statale di Milano. L’analisi di questo preoccupante fenomeno è contenuta in un documento intitolato “Dichiarazione per l’università e la ricerca, le emergenze del sistema”, che rappresenta un vero e proprio grido di allarme.

I numeri evidenziati dal CUN parlano chiaro: dall’anno accademico 2003-2004 a quello 2011-2012 gli iscritti all’università sono passati da 338.482 a 280.144, registrando un calo di ben 58mila unità, pari a 17 punti percentuali. Ma non solo, dal 2006 è in discesa libera anche il numero dei docenti (meno 22 per cento) e dei corsi di laurea (ben 1.195 in meno in sei anni).

Una delle cause del calo degli iscritti all’università è da ricercare nella contrazione delle borse di studio. Il fondo nazionale per finanziarle, infatti, è diminuito e, mentre nel 2009 si riusciva a coprire l’84 per cento degli studenti aventi diritto, nel 2011 coloro che effettivamente sono risultati assegnatari di una borsa sono stati appena il 75 per cento.

Anche il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) si è ridotto del 5 per cento ogni anno a partire dal 2009 e per il 2013 il calo si annuncia addirittura del 20 per cento. “Su queste basi e in assenza di un qualsiasi piano pluriennale di finanziamento – sottolinea il CUN – moltissime università, a rischio di dissesto, non possono programmare la didattica né le capacità di ricerca”.

Il calo degli iscritti all’università non è circoscritto ad alcune aree, ma interessa tutto il territorio nazionale e tutti gli atenei, mantenendo il Paese stabilmente al di sotto della media OCSE per numero di laureati (solo 19 per cento dei cittadini tra i 30 e i 34 anni). Non va meglio neanche per quanto riguarda il numero dei dottori di ricerca, che sono 6mila in meno rispetto alla media europea.

Il presidente del CUN, Andrea Lenzi, vede in questa “costante, progressiva e irrazionale” contrazione degli iscritti e delle risorse destinate all’università un segnale molto preoccupante e spiega che, anche in un momento di crisi come quello attuale, è importante investire nell’istruzione terziaria poiché l’università “è l’unica istituzione pubblica che crea le competenze per la classe dirigente di un Paese democratico, moderno ed evoluto ed è l’unica palestra che mette in evidenza le vocazioni e le eccellenze indispensabili alla competizione scientifica globale”. Tagliare i fondi all’università, dunque, non può che acuire i problemi economici e sociali del Paese, in quanto essa, prosegue Lenzi, “è l’unica istituzione in cui si sviluppa un’osmosi per un’imprenditoria di alto profilo e produce anche competenze indispensabili per una pubblica amministrazione adeguata al terzo millennio”.

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Massimo Lucidi
Massimo Lucidi
11 anni fa

La notizia diffusa dal Consiglio universitario nazionale del calo delle immatricolazioni di oltre 50.000 studenti l’anno dal 2003 allo scorso anno ha avviato una serie di considerazioni e commenti vagamente statistico razionali e intrisi di ineluttabile amarezza per l’italica crisi. Senza uscita. Quasi come la crisi delle immatricolazioni del mercato delle auto: come sono lontani gli anni del boom economico, in cui fioccavano auto e studenti, “nuovi” da immatricolare. Ho trovato solo nella Fondazione Giovanni Agnelli un commento originale quanto vero e profondo: il riferimento alle disillusioni di studenti e famiglie verso il sistema universitario italiano. Questa la causa maggiore che spiega l’allontanamento delle famiglie e dei figli dall’Università italiana.

Incontrando ogni giorno decine se non centinaia di persone specie imprenditori e professionisti di rango, da anni appena si parla di formazione, se ci si riferisce ai figli, subito si introduce il tema degli studi all’estero se non almeno un master… E se decido di approfondire la questione tutti sanno che l’Università italiana come la Società Italiana ha le fondamenta sul valore di “chi conosci” non di “cosa conosci”. Il giusto contrario di quanto intriso nelle fondamenta delle prestigiose Harvard, Mit, GeorgeTown, Lehigh (che ho avuto il pregio di frequentare), Eton, Cambridge, Oxford e via discorrendo.

Le Aspettative degli Imprenditori muovono l’economia: ebbi la fortuna di studiare da un vero economista che anziché insufflare i cervelli degli studenti di formule e alchimie matematiche per spiegarne i cicli, cercava di porne alla base la indecifrabile, incommensurabile quanto delicatissima formazione delle aspettative degli imprenditori.

Le Aspettative degli Imprenditori muovono l’economia. E’ vero. Ma lo dimentichiamo.

Possiamo però mutuare la frase in “le illusioni e le speranze delle Famiglie determinano l’ambizione a una formazione superiore”? direi proprio di si.

E questo spiega il crollo delle immatricolazioni: se i nonni i padri e qualche fratello maggiore si è formato con docenti di rango, i nipoti, i figli e i fratelli più piccoli sono preda di altri figli parenti e amanti che hanno ambito al posto non alla docenza. Basta leggere cognomi e studiare appena gli stati di famiglia. E cosi nei “templi del sapere” sono saliti in cattedra i Farisei e quand’anche un Ministro da destra dal centro o da sinistra -dotato di frusta ? – voglia restituire decoro e giustizia, diventa più semplice inventare formule magiche in cui gli anni di laurea e gli esami diventino spezzatini o dove l’adeguamento delle sedi e delle materie di studio risponda a esigenze di questo o quel manipolo di potenti. Alla ricerca della prebenda perduta. E così il Ministro lungi dai panni del Maestro posa a terra lo scudisco memore di avere anche lui famiglia…

La gente, i giovani, le famiglie queste cose le vivono, le vedono anche se non leggono i giornali. Questo spiega l’abbassamento delle iscrizioni: chi può studia sempre più all’estero. Chi può lavorare rimanda l’appuntamento con la formazione a quando si è sul pezzo… a quando si lavora. E qui si aprono due riflessioni che vorrei portare.

Al Nord dove storicamente i giovani hanno preferito lavorare anziché studiare oggi si registra il risultato che quei giovani che non hanno studiato, lavoratori o imprenditori che siano diventati, hanno meno strumenti cognitivi per rispondere, anticipare, vincere la crisi.

Al Nord come al Sud anziché lamentarsi dei bamboccioni o preoccuparsi della crescità di chi non studia non cerca il lavoro, non dovremmo proporre un modello di università, di confronto con l’impresa diverso?

Per questo seguo con interesse il progetto di Campus Città del Sapere Unitelma Sapienza. Tutto nato per merito di un’idea originale di Bruno Pinti che intende catalizzare attorno al Campus Città del Sapere, il meglio delle Aziende innovative che si aprono a formule nuove di matching con il mondo dei talenti. Di concerto con l’intelligente struttura meritocratica, (speriamo non solo per il momento), realizzata dall’Universita Telematica de La Sapienza nasce un sodalizio unico, che oggi il Campus Città del Sapere è in grado di mutuare sui diversi ambiti territoriali del Paese per portare Imprese e talenti in un unico ambiente e Università e studenti a prendersi per tempo e in luoghi giusti verrebbe da dire. Dall’Università sotto casa, all’univesità in tasca. Dove vuoi, quando vuoi. Parliamo di questo per cortesia. E vedremo se le iscrizioni riprenderanno.