Nokia University Program, intervista ai vincitori 2007
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Un dual phone vince al Nup 2007. Innovazione da campioni

da | Apr 2011 | News | 0 commenti

Da studenti della facoltà di Economia all’Università di Perugia hanno avuto la soddisfazione di vincere l’edizione 2007 del Nokia University Program. Il loro progetto integra rete fissa e mobile e ha un alto valore aggiunto anche dal punto di vista dell’ecologia e del design. Oggi, Irene Bassani, Tatiana Del Rocio Soriano Cordova e Valentino Cicero ricordano come un momento di grossa soddisfazione l’aggiudicazione del riconoscimento e ci raccontano, attraverso le parole di Irene, che cosa gli resta di quell’esperienza.

Irene, ci descrive il progetto che avete presentato al Nokia University Program?
Io e i miei compagni siamo stati chiamati a sviluppare un progetto che avesse come protagonista l’integrazione delle reti fisse e mobili (convergenza) e la possibilità di declinarla in funzione delle diverse categorie di bisogni dei consumatori (divergenza). Il progetto che ne è derivato è CamaBiLife, un supporto dual phone che unisce, tramite il design innovativo, perfettamente simmetrico, due apparati identici con caratteristiche all’avanguardia. Il doppio telefono è stato pensato per di soddisfare le esigenze di coloro che sono abituati a utilizzare due telefoni per sfruttare le offerte economiche degli operatori di telefonia e per motivi di lavoro.

Il vostro dual phone mostra anche una forte attenzione all’ambiente. Perché questa scelta?
Il mobile è dual dentro e fuori: internamente con doppio supporto per la sim card, doppio processore e due antenne; esternamente con due display, tastiere, auricolari, microfoni e videocamere. Il doppio utilizzo è facilitato dalla condivisione di una memoria, un software e una batteria. Questa forte attenzione alla funzionalità e praticità si sposa con la necessità di ricorrere a un sistema di alimentazione che sfrutti energia pulita, in quanto CamaBiLife rispetta l’ambiente grazie alla presenza di micro pannelli solari che rivestono l’intera superficie del telefono, con l’unica eccezione del display.

Ma anche il design fa la sua parte…
Una particolarità del supporto è il suo changeble design, con forme e colori in una combinazione del tutto nuova mediante la cover di materiale plastico, cangiante a seconda della luce presente: la scala di tonalità va dal trasparente vitreo, da permettere alla luce di raggiungere i micro pannelli solari, al colore pieno, passando per la scala dei colori dell’iride. Infine, dal momento che è pensato per un uso continuo nei diversi momenti della giornata, CamaBiLife è ergonomico, ossia dalla forma smussata e contenuta per consentire la rotazione nel palmo della mano con estrema facilità.

Com’è nata l’idea di partecipare al concorso con questo prodotto?
L’idea di partecipare è nata durante una lezione di Economia e Management dell’innovazione, tenuta dal professor Massimo Paoli e la dottoressa Ilaria Brocanello. Il progetto è nato dopo alcuni brainstorming fatti nei ritagli di tempo tra lezioni e studio, partendo dall’analisi e dal confronto delle nostre esigenze e di quelle delle persone a noi vicine.

Che destino ha avuto l’applicazione dopo il concorso?
CamaBiLife è diventato famoso e grazie al Nup la notizia del progetto ha fatto rumore su siti, blog e riviste nazionali e locali, ma il cellulare non è stato prodotto.

Come ha influito la partecipazione al Nup sulla vostra formazione e sul successivo iter professionale?
È stata un’esperienza molto emozionante su diversi fronti: ci ha permesso di “mettere a frutto” i nostri studi, ci ha dato possibilità di confrontarci con una realtà aziendale come quella di Nokia ed è diventato il fiore all’occhiello dei nostri curriculum. Nello sviluppare questo business case, tutti noi abbiamo accresciuto le nostre capacità di lavorare in team e coordinarci, arricchendoci a vicenda.

Consiglierebbe ad altri studenti di partecipare al Nokia University Program?
Assolutamente sì. È un’iniziativa stimolante e gratificante, il cui obiettivo di fondo non è solo quello di realizzare un progetto, ma di imparare a sfruttare le proprie capacità in sinergia con quelle dei nostri compagni di squadra, perché è così che funziona nel mondo del lavoro.

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