Dal 7 giugno 2025 una significativa modifica normativa ha introdotto la tassazione IRPEF sulle borse di studio post-laurea destinate ad attività di ricerca, con un impatto rilevante sul mondo accademico italiano. L’emendamento, inserito nel decreto PNRR-Scuola, ha abrogato l’esenzione fiscale prevista per queste forme di sostegno economico, assimilandole ai redditi da lavoro dipendente.
La nuova riforma rappresenta un cambiamento rilevante per i giovani, le università e gli enti di ricerca, alterando il quadro economico di chi svolge attività accademiche post-laurea.
Quali borse di studio sono coinvolte e quali restano esenti
La norma coinvolge espressamente le borse di studio post-laurea con finalità alla ricerca, ma non tutte le tipologie di borse sono interessate dalla nuova tassazione.
Infatti resteranno esenti:
- le borse di studio regionali e provinciali per studenti universitari
- le borse di studio per la frequenza di scuole di specializzazione, corsi di perfezionamento e dottorati di ricerca
- le borse Erasmus+ e programmi di mobilità
- le borse di studio assegnate a familiari delle vittime di terrorismo o della criminalità organizzata
Invece, sono sono soggette a IRPEF tutte le borse di studio post-laurea per attività di ricerca che non rientrano nel nuovo contratto chiamato “incarico di ricerca”. Questo incarico, che sostituirà gradualmente gli assegni di ricerca, resta invece esente da tasse. Le università possono comunque continuare a offrire borse fuori da questo nuovo contratto, ma in quel caso saranno tassate come reddito.
Meno soldi in tasca ai ricercatori
L’impatto della norma è immediato e tangibile, i ricercatori che percepiranno una borsa post-laurea dopo il 7 giugno 2025 vedranno un netto calo degli importi, dovuto all’applicazione delle imposte. Questo cambiamento va a colpire soprattutto anche coloro che avevano già ottenuto una borsa di studio prima dell’entrata in vigore della norma, ma la cui erogazione avviene successivamente alla data stabilita.
Un elemento particolarmente criticato della riforma è l’assenza di una disciplina transitoria. La nuova tassazione si applica senza eccezioni a tutte le somme percepite dopo il 7 luglio 2025, anche se la borsa era stata già assegnata mesi prima. Questo ha generato perplessità tra gli addetti ai lavori e sollevato vari interrogativi sull’equità della norma.
Secondo gli esperti fiscali, la riforma segue il principio di cassa, per cui vengono tassate solo le somme effettivamente incassate, indipendentemente da quanto previsto nei contratti. Questo può costringere i ricercatori a dichiarare e pagare imposte su importi che inizialmente erano considerati esenti, riducendo la sostenibilità economica del loro lavoro.
Come cambia la compilazione nella dichiarazione dei redditi
Le nuove disposizioni impongono che le borse di studio soggette a tassazione siano inserite nella dichiarazione dei redditi come redditi assimilati da lavoro dipendente, secondo quanto previsto dall’art. 50, comma 1, lettera c) del TUIR. In questo modo si applicano anche le detrazioni previste per i lavoratori dipendenti, come specificato dall’art. 13, comma 1, del medesimo Testo Unico.
Nel dettaglio:
- per borse fino a 8.000 euro annui si applica una detrazione di 1.880 euro con un minimo garantito di 690
- per importi superiori la detrazione rimane di 1.880, ma non è previsto alcun minimo
Queste detrazioni possono attenuare parzialmente il carico fiscale, ma non annullano l’effetto economico negativo della nuova norma. Inoltre, il carico amministrativo sulle spalle dei beneficiari delle borse di studio aumenta, in quanto dovranno gestire autonomamente la dichiarazione fiscale e i versamenti.
Quali sono gli obiettivi e i dubbi sul futuro del sistema delle borse di studio?
L’intento della riforma sulle borse di studio post-laurea è quello di incentivare l’utilizzo di nuove forme contrattuali più tutelanti, come per esempio gli incarichi di ricerca, e al tempo stesso uniformare il regime fiscale delle erogazioni universitarie. Tuttavia, la scelta di rendere immediatamente tassabili le borse di studio tradizionali, senza neanche una fase transitoria, rischia di produrre effetti contrari a quelli che ci si aspetta.
La misura potrebbe infatti penalizzare i giovani ricercatori che operano in Italia, contribuendo ad alimentare il fenomeno della fuga dei cervelli Le imposizioni fiscali potrebbero rendere meno attrattivo il percorso accademico post-laurea nel nostro Paese, soprattutto messa a confronto con la situazione di altri Stati Europei.
Tuttavia, le rassicurazioni fornite dal Ministero dell’Università e della Ricerca mirano a contenere le polemiche. Secondo la loro interpretazione, le borse assegnate prima del 7 giugno 2025 sarebbero comunque tutelate dal principio di non retroattività, e quindi esenti. Anche se, l’assenza di una norma esplicita in tal senso lascia margini di incertezza applicativa, alimentando i dubbi tra università e ricercatori.
Un cambiamento che lascia molti dubbi sull’erogazione delle borse di studio
La tassazione delle borse di studio post-laurea rappresenta una delle novità più discusse del 2025 nel campo della formazione e della ricerca. Se da un lato risponde a un’esigenza di riordino e razionalizzazione del sistema contrattuale, dall’altro rischia di colpire proprio quei profili più fragili e determinati che hanno scelto di investire nel proprio futuro accademico.
L’assenza di una transizione graduale, unita alla confusione tra le varie tipologie di borse e la mancanza di chiarezza definitiva sul trattamento delle erogazioni precedente, rende questo provvedimento oggetto di forte dibattito. Nei prossimi mesi vedremo l’applicazione concreta da parte dell’Agenzia delle Entrate e le eventuali circolari interpretative.
Intanto, per molti giovani studiosi, il rischio è quello di veder ridursi sensibilmente il sostegno economico che aveva a disposizione proprio nel momento di avvio del proprio percorso professionale.


