Abolizione valore legale della laurea: Intervista a Guido Possa
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Il senatore Possa: “Valore legale, consultazione a rischio demagogia”

da | Apr 2012 | News | 0 commenti

Il 24 aprile termina la consultazione avviata dal governo Monti sull’eventuale abolizione del valore legale della laurea. Il senatore Guido Possa, viceministro dell’Istruzione durante il terzo governo Berlusconi e oggi presidente della commissione Istruzione e Beni culturali di Palazzo Madama, si è da subito dichiarato fortemente contrario. Universita.it l’ha intervistato per approfondire il suo parere e comprendere come nasce l’orientamento analogo assunto dalla commissione che presiede.
Senatore Possa, si è dichiarato contrario all’abolizione del valore legale della laurea: può spiegarci i motivi della sua posizione?
La mia posizione a riguardo non è solo un’opinione personale, ma dell’intera Commissione del Senato di cui sono presidente, la settima Commissione permanente, che sull’argomento ha svolto un’indagine conoscitiva, conclusasi con l’approvazione di un documento. Va chiarito che non esiste nessuna legge che attribuisca esplicitamente valore legale alla laurea. Tuttavia tale valore viene lo stesso a determinarsi per una serie di fattori. Tra questi il principale è dovuto al fatto che il sistema accademico del nostro Paese è in gran parte costituito da università statali. È ovvio che lo Stato non possa fare differenze, ad esempio, tra il laureato nell’università di Palermo e il laureato nell’università di Bologna, circa la possibilità di accedere alle professioni regolamentate o agli Ordini professionali, o ancora nella pubblica amministrazione. In sostanza lo Stato non può non riconoscere uguale validità sul territorio nazionale ai titoli rilasciati dai propri atenei.
Che cosa deriva da questa “uguaglianza” di valore?
Il riconoscimento di questa identica validità dei titoli ha avuto come controparte una forte centralizzazione e uniformità del sistema universitario italiano: i professori universitari sono scelti in base a severi concorsi nazionali, gli insegnamenti principali dei corsi di laurea devono essere gli stessi nelle varie università, il conto economico e lo stato patrimoniale delle università sono soggetti a precisi vincoli di bilancio, eccetera. I fautori dell’abolizione intendono, in nome dell’autonomia universitaria, eliminare il controllo dello Stato sull’alta formazione, sostituendolo con un sistema indipendente di accreditamento e valutazione degli atenei che dovrebbe elaborare un “rating”, cioè una pagella per tutti i corsi universitari.
Cosa che è in atto in vari Paesi…
Certo. Sistemi di accreditamento delle università sono sempre presenti nei Paesi, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove il diploma di laurea non ha valore legale. In linea di principio non ci sarebbero obiezioni a questo subentro. Tuttavia finora in Italia questo sistema indipendente di accreditamento non è mai esistito; sta ora muovendo i primi passi l’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca, ma oggi non è ancora in grado di effettuare un ragionevole accreditamento dei corsi di laurea. Abolire ora il valore legale della laurea significherebbe quindi eliminare il controllo dello Stato sulla formazione superiore mentre non è ancora in funzione un adeguato sistema di accreditamento. Così gli studenti e le loro famiglie resterebbero privi di orientamento nelle loro scelte e di tutela circa la qualità dell’insegnamento.
Il rettore di Bologna ha detto a Universita.it che prima bisogna garantire il diritto allo studio. Che ne pensa?
Certamente l’abolizione del valore legale porrebbe anche problemi in ordine al soddisfacimento della garanzia costituzionale del diritto allo studio per gli studenti meritevoli ma privi di mezzi. Per rispettare tale principio questi studenti dovrebbero potersi permettere la frequenza delle università con “rating” più elevato, anche se a retta studentesca più alta e anche se ben lontane da casa. L’attuale situazione della finanza pubblica non permette queste possibilità.
Intravede qualche aspetto positivo collegato all’eventuale abolizione?
Il provvedimento determinerebbe senza dubbio varie conseguenze positive: si attuerebbe in pieno il principio costituzionale dell’autonomia universitaria e le università potrebbero decidere con maggiore libertà i programmi dei corsi di laurea. Ciò però potrebbe portare a inaccettabili squilibri territoriali, tra cui, verosimilmente, una penalizzazione delle università del Sud. Con tutta probabilità si verificherebbe anche un aumento delle tasse a carico degli studenti, specialmente nelle università migliori.
Come si spiega che molti, anche nel governo, sono favorevoli all’abolizione del valore legale?
Alla base dell’atteggiamento favorevole all’abolizione vi è da un lato l’opinione che l’attuale qualità media della formazione universitaria italiana sia del tutto insoddisfacente, dall’altro la convinzione che solo una forte concorrenza meritocratica tra università possa migliorare la situazione. A mio avviso tuttavia lo scadimento del livello dell’istruzione universitaria non può essere attribuito solo alla concorrenza al ribasso che le università esercitano essendo identico il valore legale dei diplomi di laurea. A questa non soddisfacente qualità odierna dell’insegnamento universitario nel nostro Paese hanno portato anche altre cause, che hanno radici profonde nel tempo.
In questo quadro sarà utile la creazione di un rating delle università italiane?
Questa valutazione (che è prevista dalla legge Gelmini di riordino del sistema universitario, la legge 240 del 2010) costituirà senz’altro un’ottima prassi per elevare la qualità del sistema accademico. Al momento non è stato ancora stabilito come verrà fatto questo “rating”. Ci auguriamo che sia relativo a ciascun corso di laurea (non solo alle università), che sia tempestivo e con periodicità sufficientemente stretta e che sia a più livelli. Solo così le famiglie e gli studenti beneficeranno appieno della sua istituzione.
Cosa vi aspettate dalla consultazione che il governo ha avviato dal 22 marzo?
A mio avviso il metodo della consultazione avviato dal governo è totalmente inadatto alla complessità del problema in discussione. Per decidere su un qualunque argomento occorre avere le conoscenze necessarie. C’è il rischio quindi che un metodo apparentemente democratico come quello della consultazione via Internet sia un metodo demagogico. La nostra è una democrazia “rappresentativa”. Ciò significa che molte decisioni di interesse generale, proprio per la loro complessità, sono rimesse ai rappresentanti del popolo. Tra questi vi sono per competenza i senatori della settima commissione permanente del Senato che, dopo aver esaminato approfonditamente la questione, hanno concluso di comune accordo circa l’inopportunità di procedere ora nel nostro Paese all’abolizione del valore legale della laurea.

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