Studenti università Usa creano app a sostegno di malati e disabili
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Usa, gli studenti universitari creano app per i disturbi cognitivi

da | Lug 2011 | News | 0 commenti

Grazie al lavoro degli studenti universitari Usa, la cura passa anche attraverso iPhone e dintorni. Non solo applicazioni semiserie dunque. La stessa tecnologia utilizzata per rendere interattivi smartphone e tablet diventa una terapia per le persone con paralisi cerebrale, disturbi dello spettro autistico, e di altre disabilità dello sviluppo, trasformando i dispositivi mobili in componenti importanti del processo riabilitativo. I ricercatori della Università dell’Iowa, insieme ad altre due università americane, stanno sviluppando una vasta gamma di applicazioni che utilizzano tecnologia multi-touch in un setting terapeutico per bambini e adulti affetti da tali disabilità.

Per esempio, la app che consente la narrazione collaborativa messa a punto dai ricercatori dell’Iowa, pensata per bambini in età scolare in un programma di doposcuola, guida i bambini autistici attraverso una storia che li spinge ad immaginare nuovi colpi di scena ed evoluzioni e a disegnarli sul touch screen con un compagno. Quando sono impegnati in esercizio mentale della narrazione, infatti, questi bambini finiscono spesso per lavorare con i compagni per completare l’attività e utilizzano la stilo per concentrarsi sul movimento fine.

Altri giochi, come quelli sviluppati dallo Scientists’ Discovery Room Lab ad Harvard e da Michelle Annett, ricercatore dell’Università di Alberta, si concentrano sul miglioramento dei movimenti dell’avambraccio e del polso aiutando i bambini con paralisi cerebrale e vittime di ictus. “È uno strumento molto motivante per i pazienti. Con l’attività visiva il feedback è immediato ed è divertente”, ha detto Isabel Henderson, vice presidente del Rehabilitation Hospital Glenrose a Edmonton, in Canada, dove i giochi su un touch-screen da tavola fanno parte della riabilitazione fisica delle vittime di ictus.

Oltre ai benefici per i pazienti, queste applicazioni possono ridurre il tempo e quindi i costi delle terapie tradizionali e allo stesso tempo offrire informazioni sull’esito della riabilitazione. È il caso del gioco terapeutico che invita a far esplodere dei palloncini che compaiono sul dispositivo elettronico: il gioco registra i tempi di reazione del paziente fino alle frazioni di secondo evidenziando gli eventuali progressi.

Puntano invece sul sostegno alle disabilità applicativi come quello messo a punto dagli studenti dell’Università di Toronto: si chiama MyVoice e permette alle persone che non possono parlare a causa di ictus, autismo, lesioni cerebrali o altra disabilità di comunicare in situazioni di vita quotidiana. Per i non vedenti c’è ZoomReader, app che scatta una foto del testo desiderato, lo converte in digitale usando la tecnologia di riconoscimento dei caratteri e legge ad alta voce per l’utente attraverso un sintetizzatore vocale integrato. L’applicazione può anche ingrandire la dimensione del testo e le parole in evidenza in modo che siano più facilmente leggibili, rendendo accessibili anche testi di utilità quotidiana come le etichette dei farmaci o le prescrizioni mediche.

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