Scienze della formazione primaria, Universita.it ai test di ammissione 2011
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Scienze della formazione, Universita.it ai test di ammissione. I candidati: “Non vogliono più insegnanti? Basta dirlo”

da | Ott 2011 | News | 0 commenti

Università Roma tre, sede di piazza della Repubblica. Alle 9,30 di lunedì 10 ottobre raggiungiamo il secondo piano dell’edificio per partecipare assieme ad altre 300 persone circa, ai test di ammissione per l’ingresso al corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria. In contemporanea tanti altri candidati, almeno il doppio, sono assiepati davanti alle aule dell’edificio centrale dell’ateneo, in via Ostiense. Un migliaio di candidati per 300 posti.

Le persone in attesa di prendere posto dopo la consegna dei documenti sono per oltre il 95 per cento donne, tante vengono da fuori regione. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare non sono tutte neodiplomate alla prima esperienza universitaria. “Pensavo di essere tra le più anziane – dice Laura, 28enne che viene dalla provincia di Roma -, invece ho incontrato tante ragazze laureate come me e anche da più tempo”. Sono in molti a meravigliarsi dell’età media decisamente superiore ai 19 anni.

La difficoltà a trovare un lavoro stabile è la motivazione che ha spinto tante a tentare i test di ammissione a Scienze della formazione, nonostante la consapevolezza che l’iter per arrivare a insegnare non è più così immediato. “Io ho la laurea in lingue, ma non mi è servita a granché – spiega Veronica, un’altra candidata, nell’attesa che alle 11 arrivi il via libera per aprire le buste con i quesiti -. Se dovessi entrare mi ci vorranno anni dopo la seconda laurea per lavorare, ma sono stanca di inviare curriculum e trovare solo proposte di lavoro che non hanno nulla a che fare con i miei studi e ai limiti dello sfruttamento”.

Tante sono molto motivate e il test di ammissione rappresenta il primo scoglio che le separa dal realizzare il sogno di insegnare alla scuola primaria o dell’infanzia. “Ho provato a entrare già tre anni fa ma la tensione mi ha tirato un brutto scherzo – racconta Marta, 22 anni – Ora, nonostante mi sia laureata alla triennale con 100, mi aspetterebbe un futuro decisamente incerto come operatrice di comunità. Visto che i tagli hanno ridotto le possibilità in entrambi i settori, ho preferito assecondare la mia passione di sempre e provare ancora una volta ad entrare a Scienze della formazione”.

Poco prima delle 11 la commissione spiega le regole del test: il docente che dà il benvenuto ai candidati ribadisce che per entrare in graduatoria c’è bisogno di un punteggio minimo di 60 su 80 e si rallegra che la partecipazione ai test di ammissione sia stata elevata. In effetti con i tagli annunciati e le novità in materia di abilitazione si pensava che ai test di ammissione si sarebbero presentati in pochi quest’anno. “Anche quest’anno che la laurea pur essendo abilitante non dà accesso alle graduatorie siete in tanti – dice il professore -: segno che il “mestiere” di insegnante è ancora apprezzato. Questo è un segnale incoraggiante per la facoltà di Scienze della formazione”.

La soglia dei 60 punti minimi proprio non va giù alle persone che attendono di svolgere la prova. “Sarebbe stato più onesto se il ministro Gelmini avesse detto ‘non vogliamo nuovi insegnanti’. E cosa accade se per caso superano i 60 punti meno di 300 persone?” si chiedono nell’aula. La domanda rimane senza risposta e alle 11 sull’aula 1 cala il silenzio. “Che significa vafro?”, “Chi ha combattuto la guerra dei cent’anni“, “Il ph 12 è acido, basico o…”. Le due ore e mezza a disposizione sono più che sufficienti, le domande non sono particolarmente complicate.

“Mi ero preparata molto sulla pedagogia ma non c’era nemmeno un quesito” lamenterà qualche ragazza all’uscita, dove ad aspettare i candidati ci sono le giovani del coordinamento nazionale abilitati e abilitanti, quelli che si sono immatricolati sopo il 2007 e quindi non hanno più diritto a entrare in graduatoria per l’insegnamento. Consegnano volantini alle aspiranti matricole spiegando loro che se non ci si mobilita si studierà cinque anni per niente. “Se in questo Paese non vogliono più insegnanti farebbero bene a dirlo chiaramente – commenta amareggiata una giovane appena uscita dall’aula dei test -. Io stamattina invece di venire qui sarei andata a cercarmi un lavoro: precarietà per precarietà, almeno comincio il calvario a 19 anni e non a 24″.

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