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Università in rivolta contro il governo Renzi. 20mila docenti lo contestano

da | Dic 2015 | News | 0 commenti

Università in rivolta, ancora una volta dopo le aspre proteste della primavera 2010 legate alla riforma Gelmini. Gli atenei nostrani e il governo Renzi sarebbero ai ferri corti per via delle misure adottate dall’esecutivo, che prevedono il prolungamento del blocco degli scatti di anzianità per i docenti, la mancata rimodulazione dei criteri per la ripartizione dei fondi e la non estensione anche a borsisti, dottorandi e assegnisti dell’indennità di disoccupazione.

 

A convincere molto poco il mondo accademico sarebbe inoltre il fatto che il destino dell’università italiana sia affidato alla Legge di stabilità e non a una riforma organica, che preveda anche la consultazione di chi ogni giorno vive questa realtà in prima persona. Sarebbero 20mila i docenti che aderiscono alla protesta e 82 gli atenei coinvolti. A fare questa stima sono stati un professore del Politecnico di Torino e uno di Roma Tre, con il supporto del sito Roars e della Rete 29 aprile.

Insomma, si tratterebbe di una pentola a pressione sul punto di scoppiare, dando vita a manifestazioni come quella  già programmata per il 18 dicembre prossimo. In questa occasione i docenti universitari che aderiscono alla “rivolta” si daranno appuntamento a Montecitorio per chiedere la “Dis-Coll”, cioè l’indennità di disoccupazione anche per chi non è inserito a tempo indeterminato all’interno delle università o degli enti di ricerca.

La rivolta del personale universitario prende le mosse soprattutto da due ragioni. In primis la disuguaglianza di trattamento rispetto alle altre categorie del pubblico impiego: a docenti universitari e ricercatori, infatti, non sono stati sbloccati gli scatti di anzianità, con un danno economico importante soprattutto per i più giovani, il quale si ripercuoterà anche sul loro trattamento pensionistico.

L’altra ragione della rivolta è la famigerata VQR, acronimo che sta per “Valutazione della qualità della ricerca”, da cui dipenderà l’assegnazione dei fondi 2016 ai vari atenei. La battaglia, in questo caso, è trasversale e coinvolge perfino la CRUI. Quello che si chiede al governo Renzi è di rifinanziare globalmente il diritto allo studio e l’intero sistema universitario, ripensando i criteri per la ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario che per come sono attualmente penalizzano anche quelle università che, pur in difficoltà, stanno facendo sforzi per risollevarsi.

Il malumore c’è, insomma. Se si trasformerà davvero in una rivolta non si può ancora prevedere. Un primo test utile per capire quali siano le reali dimensioni della protesta sarà quello del 18 dicembre. Se l’adesione sarà alta, al MIUR inizieranno a tremare.

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