Università di Bologna, gli studenti affiggono un codice "eretico"
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Università di Bologna: gli studenti rispondono al codice etico che vieta le critiche all’ateneo affiggendone uno “eretico”

da | Nov 2014 | News | 0 commenti

Un codice “eretico” affisso sulla porta del rettorato per dire no alla restrizione della libertà d’opinione. Questa è l’ennesima forma di protesta scelta dagli studenti dopo che, tra le polemiche, l’Università di Bologna ha varato nuove norme etiche che, tra le altre disposizioni, vietano di criticare l’ateneo perfino sui social network.

Il contestato codice etico è entrato in vigore lo scorso 1° novembre e proprio non va giù agli iscritti dell’Alma Mater, che hanno inscenato un protesta molto particolare, presentandosi con fiaccole davanti a Palazzo Poggi, in via Zamboni 33, per affiggere sul portone il loro documento. L’ispirazione per questa iniziativa? Le tesi di Wittenberg di Martin Lutero, perché – spiegano i suoi promotori sulla pagina Facebook dedicata – la direzione in cui si stanno muovendo i vertici dell’ateneo bolognese ricorda i metodi dell’Inquisizione. E gli studenti hanno deciso di chiamare il loro codice “eretico” proprio come eretico era stato dichiarato Lutero dalla Chiesa di Roma.

Le accuse che gli studenti muovono al rettore Ivano Diongi sono molto dure, anche se presentate in tono ironico. Su Facebook si legge che “la corte di Dionigi e dei suoi fedeli vassalli ha promulgato il Codice Etico, dando il via a una spietata caccia alle streghe e dettando ai suoi sudditi gli invalicabili confini del lecito e quelli dell’illecito”. Per i trasgressori, attaccano gli studenti, ci saranno pene “severe ed esemplari: o il versamento di onerosi balzelli o l’esilio fuori le mura della città, sarà l’Inquisizione a decidere. In ultima istanza, per chi rifiuta l’abiura, non è da escludere nemmeno il rogo”.

Un’esagerazione, certo, ma che dà perfettamente l’idea di quanto male sia stato accolto il nuovo regolamento etico dell’Università di Bologna. I promulgatori del codice “eretico” si sentono, infatti, defraudati del loro diritto di critica e di libera espressione e promettono di continuare a dare battaglia contro un sistema che definiscono baronale, specchio di “un’azienda universitaria governata da una casta feudale“. Ancora è presto per dire chi la spunterà alla fine, ma è certo che per via Zamboni si preannunciano tempi poco sereni.

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