Trasfusioni di sangue "giovane" contro l'invecchiamento
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Trasfusioni di sangue “giovane” per ringiovanire. Una nuova speranza contro l’invecchiamento

da | Mag 2014 | News | 0 commenti

Riportare indietro le lancette dell’orologio e ringiovanire? Potrebbe non essere più una chimera. Da recenti studi della Stanford University, della University of California e dell’Harward Stem Cell Institute è emerso che attraverso trasfusioni di sangue “giovane” è possibile contrastare l’invecchiamento. Si tratta di tre diverse ricerche pubblicate su Nature Medicine e Science, che sembrano tutte dare nuova speranza al sogno dell’eterna giovinezza.

Tutti e tre gli studi americani hanno dimostrato come ciò sia possibile per lo meno nei topi. Facendo delle trasfusioni di sangue di animali più giovani in esemplari più adulti si è scoperto che essi ringiovaniscono. L’effetto benefico è evidente soprattutto a carico di muscoli, cartilagini e cervello. Ricevendo il sangue dei topi giovani, quelli anziani diventano più intelligenti e la loro agilità migliora.

Per il momento, l’evidenza che le trasfusioni di sangue “giovane” abbiano effetti contro l’invecchiamento è stata verificata solo sui topi, ma ci sono buone speranze che lo stesso tipo di risultati si possano osservare anche negli esseri umani. A generare i benefici sarebbero in particolar modo alcune proteine contenute nel sangue degli esemplari più giovani, che riescono ad opporsi all’invecchiamento del cuore. Il mantenimento di questo importante organo nella sua piena efficienza garantisce in questi piccoli roditori una miglior funzionalità anche dell’apparato muscolare, delle articolazioni e vantaggi a livello cerebrale, tanto che è come se, dopo aver ricevuto il sangue di animali più giovani, essi tornassero indietro negli anni.

Il tempo che passa, allora, non ci farà più paura? I ricercatori per il momento invitano alla cautela e segnalano che ci vorranno ancora molti anni e altri studi per stabilire se l’effetto ringiovanente delle trasfusioni di sangue che hanno riscontrato nei topi si verifichi anche nell’uomo. Tuttavia è viva la speranza che dalle loro scoperte possano venire nuove cure per malattie quali l’Alzheimer e alcune patologie cardiache strettamente legate alla degenerazione degli organi.

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