Tasse universitarie oltre i limiti in molti atenei italiani
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In molti atenei nel 2012 tasse universitarie oltre il 20 per cento del Ffo. Tutto regolare grazie alla norma che esclude dal computo la contribuzione dei fuoricorso

da | Nov 2013 | News | 0 commenti

Nel 2012 in molti atenei pubblici italiani sono state incassate tasse universitarie oltre i limiti stabili. Via a nuovi ricorsi? Macché, è tutto regolare, grazie a un provvedimento varato nell’estate dello stesso anno dal governo Monti.

A norma di legge, l’ammontare totale delle tasse universitarie pagate dagli iscritti di ciascun ateneo statale non potrebbe essere superiore al 20 per cento della quota del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) che spetta allo stesso ateneo per l’anno considerato. Questo limite nel 2012 è stato sforato da 45 università pubbliche su 63 e, se non si fossero adottati dei correttivi, si sarebbe potuta innescare una catena di ricorsi come quello contro l’Università di Pavia, condannata nel 2011 dal Tar a rimborsare agli studenti le somme in eccesso. Per evitarlo, nell’ambito della spending review, il governo guidato da Mario Monti varò una norma che elimina dal computo totale la contribuzione dei fuoricorso, così gli atenei hanno potuto continuare a far crescere l’ammontare delle tasse universitarie senza timore di ripercussioni.

I risultati del provvedimento sono balzati agli occhi di tutti con la pubblicazione da parte del MIUR del decreto per l’assegnazione dei ‘punti organico’, attraverso i quali si stabiliscono le possibilità per ciascun ateneo di fare nuove assunzioni o concedere avanzamenti di carriera al personale. Gli ultimi dati provenienti direttamente dall’Ufficio statistica del ministero mostrano che, in barba ai limiti stabiliti, le tasse universitarie hanno subito un aumento medio del 63 per cento in dieci anni (dal 2003 al 2012), facendo passare l’ammontare totale della contribuzione studentesca da 1,2 a quasi 2,1 miliardi di euro.

In media le tasse universitarie hanno sforato il limite del 20 per cento del Ffo di 4,5 punti, ma in molti atenei si è andati ben oltre i 10 punti: all’Università di Torino, ad esempio, la contribuzione studentesca è pari quasi al 33 per cento delle somme ricevute dal MIUR, mentre alla Bicocca e ala Statale di Milano la percentuale è compresa tra il 36 e il 37 per cento, e all’Università per Stranieri di Siena si tocca addirittura il 66,4 per cento.

Poiché il numero di assunzioni effettuabili da ciascun ateneo dipende dalla situazione economica dello stesso e per questo molte università si sono viste assegnare contingenti prossimi allo zero, si rischia adesso una pioggia di nuovi rincari, visto che – non essendoci all’orizzonte ulteriori aumenti del Ffo – incrementare le tasse a carico degli studenti oltre i limiti è l’unica leva che gli atenei hanno per mettere a posto i conti.

È assolutamente probabile, a questo punto, che si assista a una crescita ulteriore delle rette al Sud, dove ancora studiare costa mediamente di meno, soprattutto considerando il fatto che le università meridionali sono state tra le più penalizzate nell’assegnazione dei ‘punti organico’. Se nulla cambierà, per i fuoricorso del Mezzogiorno sembra preannunciarsi un’autentica stangata.

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