Studenti USA lasciano il college per fondare la propria start-up
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Studenti Usa lasciano il college per “fare come Zuckerberg”

da | Giu 2011 | News | 0 commenti

Qui rimane difficile immaginarlo o calarsi nel ruolo, ma non è affatto raro, o meglio, è sempre più frequente, che giovani studenti negli States lascino il college per rincorrere i propri sogni di futuri imprenditori, con la speranza di ritrovarsi magari nei panni di Mark Zuckerberg, il 27enne fondatore di Facebook.

I professori del Mit (il Massachusetts institute of technology), di Stanford e dell’Università della California a Berkeley, tre università con forti radici nell’information technology, confermano questa tendenza nell’abbandono del college da parte di studenti ambiziosi desiderosi di emulare il successo di beniamini non laureati come Bill Gates, Steve Jobs e appunto il creatore di Facebook.

Come riportato dal Financial Times in un approfondimento sulla questione, questa scelta sembra essere ben motivata a sentire i protagonisti. “Gli investitori vogliono vedere che credi nella tua storia e nel tuo progetto abbastanza da rischiare tutto – dice Julia Hu, che ha lasciato il Mit non appena ha ottenuto un finanziamento per costruire la sua compagnia. Non danno soldi a imprenditori non devoti o poco impegnati sul progetto, per questo è nel loro interesse non dissuaderti se gli dici che stai lasciando la scuola o il college”.

Oltre alle coraggiose iniziative di questi ragazzi e ragazze, però, c’è nche il ruolo fondamentale di tutto il sistema. Secondo un esperto, Andre Marquis, direttore del Centro per l’imprenditoria di UC Berkeley, a volte gli studenti sono incoraggiati a lasciare il college, e soprattutto, “nella Silicon Valley è un segno di bravura e onore aver lasciato i corsi per la propria start-up”.

Business angel e investitori seriali si trovano così sempre più spesso a finanziare start-up di giovani 18enni o 19enni con una idea di business promettente, legata per la quasi totalità dei casi al web. Questo, allertano alcuni analisti che ciclicamente paventano possibili ricadute nelle bolle speculative, potrebbe però essere l’ultimo segnale di un’altra “Internet bubble“.

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