Il metodo di studio migliore per gli esami? Ce lo rivela una ricerca
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Qual è il metodo di studio migliore per prepararsi agli esami? Ce lo rivela una ricerca tedesca

da | Set 2012 | News | 0 commenti

Seguire lezioni tradizionali o studiare per conto proprio? Imparare in gruppo o da soli? Sono domande che prima o poi quasi tutti gli studenti si fanno, soprattutto all’università, quando il metodo di studio diventa improvvisamente meno strutturato che nella scuola superiore. Molto dipende dalle preferenze personali, tuttavia, una recente ricerca tedesca ci rivela che esiste un sistema più proficuo ed efficace degli altri per prepararsi agli esami.

C.H. Reinhardt e E.N. Rosen hanno infatti condotto uno studio scientifico – pubblicato sul numero di settembre 2012 di Advances in Physiology Education –  a questo proposito, avvalendosi di 75 studenti universitari volontari dell’età media di 20 anni. Tramite un test preliminare, gli studenti sono stati suddivisi in tre fasce in base al grado di competenza relativo agli argomenti della ricerca (di ambito medico e biologico). Successivamente, i membri delle tre fasce sono stati assegnati ad altrettanti gruppi, in modo che questi fossero omogenei per composizione:

  • gruppo di apprendimento attivo. I suoi membri hanno lavorato sotto la guida di un docente, seguendo lezioni (15 minuti di ognuna delle quali erano destinati all’apprendimento attivo) e ricevendo guida costante per la risoluzione dei compiti assegnati;
  • gruppo cooperativo. Dopo una lezione introduttiva, gli studenti hanno portato a termine da soli i compiti assegnati, ma con la supervisione di un docente e secondo uno schema di tempi e modi prefissato;
  • gruppo collaborativo. Una volta assegnato il compito, i soggetti hanno lavorato in totale autonomia.

Ai tre gruppi sono stati affidati gli stessi incarichi: in particolare, lo studio e la risoluzione di un compito diagnostico/euristico di medicina e di uno di biologia. Lo svolgimento prevedeva per tutti la presentazione dei due lavori da svolgere da parte dello stesso docente, la fornitura del medesimo materiale per lo studio, la risoluzione del problema in oggetto e – solo per i gruppi 2 e 3 – la presentazione aggiuntiva del procedimento seguito e dei risultati ottenuti. Al termine di ognuno dei due lavori, i membri dei tre gruppi sarebbero stati sottoposti al medesimo test, valutato da due esaminatori indipendenti.
Gli esiti dell’esame finale sono stati sorprendenti: nonostante sia convinzione comune che lo studio autonomo in gruppo sia un elemento favorevole per l’apprendimento, infatti, il punteggio migliore ai test è stato ottenuto dal gruppo di apprendimento attivo, seguito dal gruppo cooperativo e, a notevole distanza, da quello collaborativo.
Come interpretare questi risultati? Sicuramente lo studio cooperativo e collaborativo non sono da scartare, tuttavia, essi risultano efficaci solo per gli studenti già di per sé competenti e in grado di organizzarsi e apprendere con facilità. Per loro, infatti, questi due metodi caratterizzati da autonomia e iniziativa non costituiscono una difficoltà ma una sfida potenziante, che porta con sé coinvolgimento, maggiore fiducia in se stessi, migliore percezione delle proprie capacità, ottimizzazione delle abilità relazionali. Non si può dire lo stesso per gli studenti non in grado di gestire autonomamente i compiti assegnati, il cui rendimento è ridotto dall’assenza di una guida costante. È pur vero che tali esiti sono compatibili con un ambiente di lavoro in piccoli gruppi, in cui l’interazione tra studenti e docente è molto stretta, ma non sono necessariamente validi per contesti di apprendimento più ampi.
Se ne può concludere, quindi, che l’apprendimento formalizzato, mirato a un risultato positivo in un test di acquisizione di competenze, è ottimale in un contesto ben strutturato e caratterizzato dalla presenza di un docente che indirizzi l’esecuzione dei compiti assegnati in modo tradizionale. Un ambiente più indipendente, al contrario, potrebbe essere penalizzante per i cosiddetti “poor learners”, cioè per coloro che non posseggono in prima persona capacità analitiche e logiche sufficienti a supplire all’assenza di una guida. Dati questi due estremi, il lavoro di tipo “cooperativo” sembra dunque un buon compromesso. Come dire: seguite le lezioni, ma poi studiate in compagnia.

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