Rapporto cnvsu, dottorandi in calo e "attempati"
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Rapporto Cnvsu, dottorandi in calo e un po’ “attempati”

da | Gen 2011 | News | 0 commenti

Matricole in calo dove c’è più lavoro e prof anziani, ma a giudicare dai dati dell’undicesimo rapporto Cnvsu (e anche ultimo, visto che dovrebbe a breve subentrare l’Anvur) anche i numeri relativi ai dottorati di ricerca non destano tranquillità. In Italia infatti, spiega il rapporto, i dottorandi calano di numero: se nell’anno accademico 2008/2009 gli iscritti a un corso di dottorato erano circa 13mila, nel 2009/2010 se ne contano un migliaio in meno, attorno ai 12mila.

Ma c’è dell’altro: in media si accede a un dottorato all’età di circa 29 anni, il che vuol dire che soltanto a 33 anni si potrà cominciare a pensare a un lavoro. Penalizzate ancora di più risultano poi le donne, che pur iscrivendosi prima – a 28 anni di media – e pur essendo di più, subiscono invece la “discriminazione” di una minore retribuzione.

Aumentano invece lievemente (+0,7 per cento) gli iscritti a corsi di dottorato nel nostro Paese che hanno conseguito la laurea all’estero. I dottorandi provenienti da atenei stranieri sono l’8%. Anche la mobilità tra atenei italiani non è elevatissima. Chi partecipa alle prove di ammissione ai dottorati soltanto nel 37,3% dei casi proviene da un ateneo diverso da quello dove ambisce a fare il dottorato. Il rapporto, infatti, sottolinea come in linea generale non sia positivo il dato secondo il quale sono molti di più i dottorandi ammessi che provengono dallo stesso ateneo rispetto a quelli provenienti da altre università.

Le possibilità di trovare un lavoro per chi termina l’iter di dottorato sono state monitorate dall’Istat con un’indagine condotta nel 2009-2010 a tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. Anche il Cnvsu ha avviato un lavoro di ricerca, dal titolo ”Condizioni attuali e prospettive occupazionali dei dottori di ricerca”. Ma il ministro Gelmini ha di recente annunciato l’intenzione di rilanciare i dottorati di ricerca con l’approvazione di un decreto attuativo della riforma che li riguarda e con lo stanziamento di 170 milioni di euro. Per il ministro dell’Università si tratta di un contributo al “potenziamento dell’ingresso nei canali di lavoro e di ricerca privati”.

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