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Si cambia: ecco le nuove regole per l’abilitazione scientifica nazionale

da | Set 2014 | News | 0 commenti

Dopo le numerose polemiche scatenatesi anche al di fuori dei nostri confini per il sistema adottato nel nostro Paese, cambiano le regole per conseguire l’abilitazione scientifica nazionale. Le nuove disposizioni sono contenute nella legge n. 114/2014, entrata in vigore nell’agosto scorso, e “smontano” le procedure adottate negli ultimi due anni.

La nuova tornata dovrà essere indetta entro il 28 febbraio 2015 e le istanze per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale saranno presentate senza scadenze prefissate: la selezione dei possibili nuovi docenti avrà la medesima periodicità delle riunioni delle commissioni esaminatrici (cioè tre volte all’anno). Con le nuove regole, l’abilitazione durerà sei anni, mentre in precedenza erano quattro. E ci sono buone notizie anche per chi aveva partecipato con successo alle prime due tornate: anche per loro la validità dell’abilitazione sarà di sei anni.

Perfino per i “bocciati” delle due precedenti tornate ci sono motivi di soddisfazione. Per loro e per chi non dovesse superare la prossima selezione sarà, infatti, possibile presentare nuovamente domanda per il medesimo settore e per la medesima fascia (o per una superiore) dopo solo un anno, mentre le vecchie regole prevedevano un’attesa di due anni.

Le nuove regole per l’abilitazione scientifica nazionale riguardano anche i criteri di valutazione di quanti aspirano a una cattedra. Il numero minimo di pubblicazioni necessarie per poter partecipare alla procedura sarà abbassato a dieci (prima era fissato a dodici). Anche il numero di professori di prima fascia che nelle commissioni dovranno afferire a ciascun settore concorsuale è stato diminuito: ne basteranno solo venti, invece dei trenta precedentemente previsti e per la commissione nazionale non sarà più richiesta la presenza di un membro in servizio all’estero.

Infine, le nuove regole per l’abilitazione scientifica nazionale prevedono che la responsabilità del reclutamento pesi sugli atenei e che la qualità delle loro scelte abbia delle ripercussioni sull’assegnazione della quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). Chi non sceglierà i candidati migliori sarà penalizzato nella ripartizione dei finanziamenti statali.

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