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I metalli che si liquefanno come in Terminator potrebbero diventare realtà

da | Set 2014 | News | 0 commenti

I metalli che si liquefanno hanno lasciato il mondo letteralmente a bocca aperta nel lontano 1991, ma allora si trattava solo degli stupefacenti effetti speciali del film di James Cameron Terminator 2 – Il giorno del giudizio. Adesso, invece, potrebbero diventare realtà. A dirlo sono un gruppo di ricercatori americani, che avrebbero fatto una scoperta determinante per arrivare a questo tipo di tecnologia.

Tutti ricorderanno le incredibili capacità dell’androide T-1000, il terminator cattivo avversario di T-800, quello interpretato da Arnold Schwarzenegger. La sua peculiarità era quella di passare dallo stato liquido a quello solido, assumendo qualunque forma volesse. Ciò era considerato impossibile da realizzare nella realtà, almeno finché non sono arrivati i ricercatori della North Carolina State University con una notizia che potrebbe rivoluzionare questa convinzione. Questo gruppo di studiosi ha, infatti, sviluppato un metodo che consente di controllare la tensione superficiale dei metalli liquidi attraverso l’applicazione di bassi voltaggi.

Lo studio sui metalli che si liquefanno come in Terminator è illustrato in un articolo pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, che spiega come applicando una carica positiva di meno di 1 volt a una lega di gallio ed indio, la tensione superficiale del materiale si allenti notevolmente (passando da 500 a 2 millinewton per metro), consentendogli di espandersi sotto l’influenza della forza di gravità. La procedura è reversibile cambiando la polarità (da positiva a negativa) della carica, pertanto si può riuscire anche a far tornare il metallo allo stato iniziale.

Forse la scoperta dei ricercatori della North Carolina State University non porterà alla nascita di robot come il terminator T-1000, realizzati in metalli che si liquefanno, ma di sicuro potrebbe rappresentare una svolta nel mondo delle nanotecnologie, consentendo di creare, ad esempio, circuiti elettronici riconfigurabili. “Potremmo usare questa tecnica per controllare il movimento dei metalli liquidi,” ha spiegato il professore Michael Dickey, primo firmatario dello studio, “il che ci permetterebbe di cambiare la forma di un’antenna, così come di completare o interrompere un circuito. Potrebbe essere usata nei canali per microfluidi, nei sistemi micro-elettromeccanici (MEMS), o in dispositivi ottici o fotonici”.

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