NEET, in Italia sono il 20 per cento dei 15-24enni. È il record europeo.
allenati con i nostri test di ammissione e orientamento gratuiti

test di ammissione
facoltà a numero chiuso

test attitudinale universitario
l’area di studio più adatta a te

test orientamento facoltà
facoltà che fa per te

test di inglese
valuta il tuo livello

Italia, un giovane su cinque non studia né lavora. È il record europeo di NEET

da | Lug 2017 | News | 0 commenti

In Italia esiste una consistente fetta di giovani così sfiduciati, che il lavoro nemmeno lo cercano più né si impegnano in percorsi di formazione per migliorare le proprie competenze, sperando in migliori opportunità future. Sono i cosiddetti NEET e, per la verità, non sono un’esclusiva del nostro Paese. Il fenomeno dei ragazzi che non lavorano e non studiano, però, da noi assume proporzioni di gran lunga superiori a ciò che accade nel resto d’Europa. Nella fascia d’età che va dai 15 ai 24 anni, in modo particolare, ci accaparriamo un non lusinghiero primato continentale raggiungendo il 19,9 per cento a fronte di una media dell’11,5. I numeri arrivano dall’Indagine 2017 sull’occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde), realizzata dalla Commissione Europea.

L’esplosione dei NEET in Italia può essere spiegata alla luce degli altri dati che emergono dall’indagine. Il report, infatti, ci dice anche che la disoccupazione nella fascia d’età 15-24 anni è al 37,8 per cento. Rispetto al 2015 c’è stato un calo del 2,5 per cento, ma i numeri ci pongono ancora al terzo posto tra i paesi UE nei quali è più difficile per un giovane fare il proprio ingresso nel mondo del lavoro. Peggio di noi fanno solo la Spagna, con il 44,4 per cento di disoccupati 15-24enni, e la Grecia, dove si arriva addirittura al 47,3 per cento.

La sfiducia che spinge molti giovani a ingrossare l’esercito dei NEET è alimentata anche dai dati relativi alla situazione di chi alla fine un lavoro riesce a trovarlo. Da noi tra gli under 40 il 15 per cento ha un contratto atipico e un under 30 guadagna mediamente il 60 per cento in meno di un lavoratore sessantenne. Ecco perché in Italia l’età media in cui si lascia la propria famiglia d’origine e se ne crea una propria è di quasi 32 anni. Nel resto del Vecchio continente, invece, questa tappa fondamentale della vita avviene intorno ai 26 anni.

Oltre al dilagare del fenomeno NEET, in Italia scontiamo anche una delle più elevate differenze tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile. Secondo l’indagine il gap è del 20,1 per cento. E siamo anche l’unico caso tra i paesi dell’Unione Europea, insieme a Estonia e Romania, nel quale tra il 2015 e il 2016 è aumentato il tasso di cittadini che vivono in condizioni di povertà estrema, che adesso da noi sono l’11,9 per cento del totale. Il bollettino delle cattive notizie non si ferma qui. In Italia abbiamo pure una delle quote più elevate di lavoratori autonomi (il 22,6 per cento del totale di chi ha un’occupazione). Il che è una conseguenze del dilagare delle partite IVA con unico committente, le quali in molti casi hanno sostituito i contratti a progetto.

E il futuro dei giovani si presenta, se è possibile, ancora più fosco. Coloro che attualmente lavorano e hanno redditi ben più magri degli occupati più anziani in futuro avranno pensioni ulteriormente ridotte rispetto alla remunerazione che percepiscono. Il rapporto prevede anche che ogni anno, da qui al 2060, in Italia la popolazione in età da lavoro cali dello 0,3 per cento, mentre di pari passo aumenterà il numero di pensionati. Come si riuscirà, allora, a garantire il pagamento degli assegni previdenziali? L’UE non lo dice, ma i governi che verranno dovranno interrogarsi seriamente sulla questione.

FacebookTwitterEmailWhatsAppLinkedInTelegram
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments