Incentivi fiscali per le aziende che investono nella ricerca universitaria
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Operativo il bonus fiscale per le aziende che investono nella ricerca universitaria

da | Gen 2012 | News | 1 commento

Dopo la pubblicazione della circolare della Agenzia delle Entrate, il 28 novembre scorso, il nuovo sistema di incentivi fiscali per le aziende che sposano la ricerca negli atenei italiani è finalmente realtà. Avranno diritto ad un bonus in termini di credito d’imposta, infatti, tutte le imprese che affideranno progetti di ricerca ad università e centri di ricerca pubblici.
Ma chi può beneficiare del bonus? La circolare dell’Agenzia chiarisce che tutte le imprese possono accedere al credito d’imposta, qualunque sia la loro forma giuridica e indipendentemente dalle dimensioni e dal settore economico in cui operano. Ne avranno diritto anche le imprese non residenti in Italia, ma stabilmente organizzate sul territorio nazionale, nonché le onlus con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata.
Tra le istituzioni accademiche con cui instaurare un rapporto di collaborazione troviamo invece tanto le università, statali e non statali, quanto gli istituti universitari, statali e non statali, legalmente riconosciuti, ma anche gli enti pubblici di ricerca, l’Agenzia spaziale italiana, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli “organismi di ricerca”. I progetti possono essere sviluppati anche in forma associativa o collaborativa con altre strutture di ricerca, anche private, purché di equivalente livello scientifico.
Infine, le tipologie di ricerca ammesse alle agevolaioni: sono tre le macro-aree contemplate dall’Agenzia delle Entrate tra quelle che possono usufruire dell’incentivo, ovvero la “ricerca fondamentale”, la “ricerca industriale” e lo “sviluppo sperimentale”, definite secondo la normativa comunitaria in materia.
Sono esclusi pertanto dalla concessione degli incentivi fiscali gli investimenti in ricerca e sviluppo interni all’azienda: l’intento del provvedimento emanato lo scorso maggio è infatti quello di creare la condizioni per un maggiore scambio tra mondo accademico e mondo dell’impresa, proprio mentre calano gli investimenti in ricerca e sviluppo nel nostro Paese, nonché per attirare capitali privati nelle casse degli atenei messe a dura prova dai tagli degli ultimi anni.

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Ais
Ais
11 anni fa

scrive:Credo che la maggior parte delle iemrpse coinvolte nel B2B trascurino le strategie search engine optimization, in quanto alcune puntano sui contatti tradizionali (cioe8 sulle relazioni dirette), mentre le iemrpse che si rivolgono al consumer magari pubblicano contenuti anche interessati, ma fanno leva sull’advertising (cioe8 influenzando i motori di ricerca con contratti di tipo paid search).A mio avviso, comunque, si enfatizzano alcune professionalite0 pif9 connesse alle tecnologie dell’informazione (IT e multicanalite0) che alle tecniche di marketing. La figura del SEO, che nel nostro Paese sfiora la mitologia, all’estero e9 identificata come uno specialista delle tecnologie internet, e non come il guru del web advertising e del posizionamento di un’impresa.Lo sviluppo della comunicazione corporate, la creazione dell’immagine aziendale, la progettazione e diffusione del brand, sono competenze dirette ed esclusive degli specialisti della comunicazione istituzionale, e non dei tecnici web.