Germania: 60 studenti di Legge in prigione. "Per capire che si prova"
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Germania, 60 studenti di Giurisprudenza in prigione a Oldenburg. Ma è un esperimento per capire cosa si prova

da | Apr 2013 | News | 0 commenti

Prendete sessanta studenti tedeschi di Giurisprudenza, accompagnati da una ventina di professori e dipendenti universitari, e metteteli in prigione. Per la precisione in quello che da fine Marzo è ufficialmente, dopo 160 anni, un ex penitenziario. Sembra strano, ma è accaduto davvero, per tre giorni e quattro notti. Perché? Un esperimento – volontario – per capire come sia la vita in prigione e cosa significhi condannare o essere condannati.

Teatro della vicenda Oldenburg, nel nord-ovest della Germania, dove gli studenti – avvocati e magistrati in erba – delle università di Amburgo, Gottinga, Greifswald e Münster sono entrati lo scorso mercoledì. Il trattamento ricevuto è stato lo stesso riservato ai detenuti: niente cellulari, smartphone o notebook e controlli accurati agli zaini. Niente radio, né tv, pochi metri quadrati da condividere con un estraneo e per alcuni addirittura l’isolamento.

Sorvegliati giorno e notte, con a disposizione piatti, letti e biancheria che fino a tre settimane prima erano regolarmente utilizzati nel carcere, fino alla sua chiusura e allo spostamento dei detenuti in un’altra prigione. Sveglia alle ore 6, data dai controlli di routine del personale penitenziario, e a dormire alle 22. La giornata scandita da pasti semplicissimi serviti in cella, da docce in comune, ora in cortile, e alcuni seminari.

Soltanto per un giorno gli studenti hanno lasciato la prigione, e soltanto per spostarsi in un’altra: nel nuovissimo carcere di massima sicurezza di Oldenburg. Lì hanno visitato l’ambiente (celle, sala colloqui, officine), e hanno avuto un incontro con due detenuti, che hanno parlato loro della propria vita da carcerati. Sabato mattina l’esperimento è terminato con il “rilascio” di tutta l’ottantina di persone.

Certo, si trattava di una simulazione, e i partecipanti conoscevano la propria situazione e il fatto che si sarebbe conclusa nel giro di qualche giorno, ma pare che abbia lasciato il segno in molti di loro: non sarà casuale se l’aggettivo più utilizzato dai volontari per descrivere l’esperienza e le sensazioni provate è stato “opprimente“.

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