Falliti tutti i programmi per il rientro dei cervelli in fuga
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Cervelli in fuga: tutti falliti i programmi per farli tornare. Troppa burocrazia e scarse prospettive per il futuro

da | Ott 2013 | News | 0 commenti

Ormai dal 2001 in Italia i governi studiano e mettono in atto programmi per il rientro dall’estero dei cervelli in fuga. I risultati? Un fallimento: un po’ per colpa della burocrazia, un po’ per le scarse prospettive future, i ricercatori non tornano. Oppure se ne vanno di nuovo dopo qualche anno.

A causare la fuga dei cervelli dall’Italia, dicono gli esperti, la mancanza di trasparenza e meritocrazia in cui poter sviluppare i progetti di ricerca, e l’assenza di quella brain circulation – figlia della capacità di attrarre i più grandi talenti del mondo – che fa crescere e migliorare. Anche gli scarsissimi risultati dei piani per far tornare i nostri ricercatori dall’estero sono conseguenza di queste zavorre. Per stimolare chi ha deciso di partire a far ritorno in patria non bastano aumenti di stipendio o agevolazioni fiscali, servirebbero opportunità reali. Che, a quanto pare, mancano.

I programmi di rientro dei cervelli in fuga sono stati tutti un flop, a partire dal primo (datato 2001), come ha evidenziato un recente approfondimento de Il Fatto quotidiano. Il piano voluto dall’allora ministro di Università e Ricerca, Ortensio Zecchino, si chiamava “Rientro dei cervelli” ed era indirizzato ai ricercatori che si trovavano all’estero da almeno 3 anni. Le risorse stanziate ammontavano a 40 miliardi di lire all’anno per un triennio: 20 come incentivo alle università per gli stipendi dei ricercatori e 20 per i progetti di ricerca. Il programma prevedeva che ai cervelli tornati in patria  fossero fornite strutture adeguate e un trattamento economico equiparabile a quello del resto d’Europa. Il piano terminò, nel 2006, durante il governo Berlusconi, e il bilancio non fu certo dei migliori: rientrarono solo in 466 su 40 o 50mila ricercatori italiani all’estero.

Poi toccò al programma “Giovani ricercatori Rita Levi Montalcini” e fu un altro fallimento. Il nuovo piano prevedeva meno finanziamenti e meno anni di contratto per i cervelli rientrati dall’estero. L’iniziativa fu lanciata 2009, ma già l’anno successivo fu vittima di ritardi e lungaggini ministeriali. Tanto che il bando 2010 è stato pubblicato solo nel Febbraio 2012, mentre i vincitori sono stati proclamati addirittura ad Agosto 2013. Nel 2011, invece, nessun bando e i fondi destinati al rientro dei cervelli in fuga sono tornati nelle casse dello Stato. Così, sono stati ben pochi i partecipanti e, in totale, solo 55 ricercatori hanno beneficiato del programma.

E ora? Dopo l’ultimo concorso ministeriale datato 2008, è entrata in vigore la chiamata in ruolo direttamente dalle università, ma i tempi sono lunghissimi a causa della burocrazia. Qualche speranza per snellire attese e procedure sembrerebbe concretizzarsi grazie al Fondo di finanziamento ordinario, e alcuni ricercatori sono già entrati in ruolo. Ma per molti ci sono soltanto contratti in scadenza, incertezza e la tentazione di tornare all’estero. Dove non pochi sono già fuggiti di nuovo.

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