Eurostat: "Italia, 1 laureato su 2 disoccupato a 3 anni dal titolo"
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Eurostat: “In Italia a tre anni dalla laurea lavora solo 1 su 2”

da | Gen 2016 | News | 0 commenti

La laurea dà una marcia in più nel trovare lavoro, tranne che in Italia. A segnalare il dato preoccupante sono le più recenti statistiche Eurostat, da cui si apprende che a tre anni dal conseguimento del titolo nel nostro Paese risulta occupato solo il 52,9 per cento dei laureati. Un tasso di gran lunga più ridotto rispetto a quello medio rilevato nei 28 paesi dell’Unione Europea, che si attesta all’80,5 per cento.

A star peggio di noi è solo la Grecia e questo penultimo posto non può certamente consolarci, anzi, accresce la drammaticità del dato. E se per i laureati l’Italia non è il luogo ideale, non lo è nemmeno per i diplomati, che secondo Eurostat dopo tre anni dalla maturità risultano occupati solo nel 30,5 per cento dei casi (esclusi i diplomi professionali, per i quali la percentuale sale al 40,2), a fronte di una media UE pari al 59,8 per cento.

 

La nazione giusta nella quale essere un giovane diplomato o laureato è, invece, la Germania. Le statistiche Eurostat riferite allo stato guidato dalla cancelliera Angela Merkel mostrano, infatti, che il tasso di occupazione riferito ai laureati al massimo da tre anni è pari al 93,1 per cento (oltre 40 punti percentuali in più rispetto a noi), mentre quello dei diplomati è del 67 per cento.

La Germania vanta anche un altro lusinghiero record: è l’unico paese dell’UE a 28 a non aver visto ridursi il tasso di occupazione complessivo dei giovani laureati e diplomati a causa della crisi. Anzi, fa sapere Eurostat, questo dato è aumentato, passando dall’86,5 per cento del 2008 al 90 per cento del 2014, mentre nello stesso periodo nel complesso dei paesi UE si è contratto di 8 punti. E in Italia è sceso addirittura di più di 20 punti, passando dal 65,2 al 45 per cento.

L’unica nota positiva è che anche da noi, come nel resto d’Europa, finalmente la laurea “paga” più del diploma in termini di occupabilità, ma questo non può bastare a farci dormire sonni tranquilli, anche perché perfino la riforma più radicale del governo Renzi, il famoso Jobs Act che avrebbe dovuto aggredire il problema, ha inciso poco o per niente sul fronte dell’occupazione giovanile.

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